Banche commerciali e banche d'affari, ma non solo. Riflessioni sulla possibile riforma dell'ordinamento bancario.

di Roberto Paternicò - Come é noto, le banche dovrebbero raccogliere il risparmio tra il pubblico ed erogare credito verso l'economia reale, ma se non vengono posti alcuni limiti, possono investire i soldi dei risparmiatori in borsa o con rischiosi strumenti finanziari per cui le "scommesse" ricadono sui propri clienti. Fino a qualche tempo fa, in caso di crisi bancaria, lo Stato interveniva per il salvataggio delle banche, utilizzando i soldi dei contribuenti mentre oggi, con il "bail in" il salvataggio avviene con i soldi degli azionisti, obbligazionisti e depositanti.

D'altronde, come recita l'art.10 del Testo Unico bancario, l'attività bancaria ha ".. carattere d'impresa ", ma sembra essere immune dal primario rischio d'impresa e cioè il default, anteponendo, quindi, la "stabilità del sistema bancario" alla protezione del risparmio e arrivando, anche, a giustificare e garantire la speculazione finanziaria delle Banche che giocano con i prodotti derivati e i titoli tossici, in danno del risparmiatore. Per i cd."crediti deteriorati", infine, vengono adottate soluzioni come la "cartolarizzazione" che, anche, grazie alle garanzie di Stato, riversano debiti sul mercato finanziario per poter produrre altre perdite.

Con la grande crisi del 1929 negli Stati Uniti che causò crolli di borsa, fallimenti di banche e il panico tra i risparmiatori che ritiravano il contante agli sportelli bancari, si realizzò il primo vero esempio del cd."rischio sistemico". 

Nel 1933, quindi, il Presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt volle introdurre la legge Glass-Steagall che, in sostanza, divideva le attività bancarie in due macro-settori: da una parte, le banche dedite alla raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito verso le famiglie e le imprese; dall'altra, le banche che, con propri soldi e non quelli dei risparmiatori, giocavano con la finanza speculativa.

Aver abbandonato, quindi, l'originale mandato bancario, con l'avvento della Banca Universale, ha innescato la pericolosa commistione fra banche commerciali e banche d'affari. La Commissione Europea affidò il compito di studiare il problema ad un gruppo di lavoro presieduto dal Governatore della Banca Centrale Finlandese che nel 2012 depositò il proprio rapporto.

La soluzione del Rapporto Liikanen, era volto alla salvaguardia e al rafforzamento del ruolo delle banche nel finanziamento all'economia reale e di protezione, nel contempo, dell'interesse dei depositanti, proprio con la separazione obbligatoria in una entità legale distinta delle attività di trading proprietario in securities e derivati e delle altre attività strettamente legate ai mercati dei valori mobiliari.

In una prima fase, quindi, l'individuazione degli asset detenuti dalle banche per il trading e nella seconda fase, a cura delle Autorità di Vigilanza dei diversi Paesi, la selezione delle attività e degli asset da separare.

Per poter garantire la sana e prudente gestione sia della banca commerciale che quella d'affari, le stesse venivano assoggettate singolarmente, ai requisiti regolamentari previsti e alla vigilanza consolidata.

L'unica difficoltà iniziale, risolvibile successivamente con una chiara classificazione delle partite finanziarie, risiedeva nella distinzione tra attività speculative della banca da quelle di "investment banking" a servizio della clientela o a copertura dei rischi di tasso o di liquidità disponibili per l'attività della banca commerciale.

In allegato, alcuni spunti e riflessioni di un sistema che va, assolutamente, cambiato.

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