Il proprietario-custode avrebbe dovuto impedire il danno o dimostrare il comportamento anomalo della cliente

di Lucia Izzo - È responsabile il titolare del negozio per il danno cagionato alla cliente scivolata sul pavimento bagnato a causa dell'acqua che sgocciolava da ombrelli e indumenti degli altri clienti del locale.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 13222/2016 (qui sotto allegata) valutando gli esiti risarcitori di un evento peculiare, avvenuto in una panetteria palermitana nel 1998.


Una cliente dell'esercizio commerciale era scivolata sul pavimento bagnato procurandosi una frattura del collo femorale, ma la Corte d'Appello, investita della vicenda, aveva rigettato la sua domanda ritenendo che la caduta fosse ascrivibile a mera disattenzione della donna.


Il giorno in cui si verificò l'evento, infatti, era l'anti-vigilia di Natale, giornata piovosa, sicché il panificio era affollato di clienti; inoltre, il pavimento del negozio era bagnato a causa dello sgocciolare degli indumenti e degli ombrelli dei numerosi avventori.

Per la Corte territoriale la ricorrente, anche lei proveniente dall'esterno e da sotto la pioggia, non aveva adoperato la necessaria attenzione nel muoversi su un pavimento che poteva aspettarsi bagnato e che, a sua volta, non poteva essere, sia pure parzialmente, asciugato dal personale del panificio, a causa dell'affollamento del locale.


In sede di legittimità, la donna denuncia, tra l'altro, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., precisando che sarebbe gravato sul custode il prevedere la possibilità che, all'interno del negozio, avessero potuto crearsi pericoli per i clienti e quindi prendere provvedimenti per evitarli. 

La Cassazione, nell'accogliere il ricorso, rammenta che custodi (i soggetti, pubblici o privati, che hanno il possesso o la detenzione) sono anzitutto i proprietari, come tali gravati da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita. 


In caso di incidente avvenuto, come nel caso di specie, all'interno o nell'ambito della cosa in custodia, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione, il proprietario o il custode risponde ex art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico sì liberi dando la prova del fortuito.


Il danneggiato che chieda risarcirsi il pregiudizio sofferto a causa dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto

In sostanza, si verifica un'inversione dell'onere della prova: mentre il danneggiato è tenuto a provare l'evento dannoso e la sua derivazione dalla cosa, il custode deve viceversa dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione.


Per liberarsi dalla responsabilità, richiamando il caso fortuito e facendo assumere rilievo all'insidia o al trabocchetto, il custode deve dimostrare che l'evento dannoso abbia presentato carattere di imprevedibilità e inevitabilità, non superabile con l'adeguata diligenza del caso, ovvero che il danno fosse evitabile con l'impiego di mezzi (non già di entità meramente considerevole bensì) straordinari.


Secondo la giurisprudenza di legittimità, in riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche, si è esclusa la sussistenza del caso fortuito o della forza maggiore, invocabili dal custode ad esonero della propria responsabilità in presenza di fenomeni meteorologici, anche di particolare forza e intensità, protrattisi per tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell'insufficienza di misure adottate per evitare il fatto e si è precisato che l'eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento.


Nel caso di specie era ben noto al proprietario-custode che fuori dal locale stesse piovendo e che numerosi clienti si trovassero all'interno con gli ombrelli sgocciolanti sì da bagnare il pavimento rendendolo ovviamente scivoloso; costui aveva il potere dovere di vigilanza e controllo da assolvere con diligenza, prudenza e perizia, con adozione di tutte le misure idonee a prevenire ed evitare danni a terzi: ad esempio, regolamentare l'afflusso dei clienti, per evitane un sovraffollamento che ostacolasse il mantenimento della loro sicurezza, impedire l'accesso con ombrelli sgocciolanti, utilizzando portaombrelli all'ingresso o all'esterno e apponendo materiali (ad esempio tappetini antiscivolo) sul pavimento, oppure dotare il locale di idoneo sistema di aerazione.


Stante la situazione ben nota al custode (e ai suoi preposti) non può escludersi che la diretta derivazione del sinistro dipenda anche dalla condotta di questi, non improntata alla diligenza, prudenza e cautela dovute in relazione alle concrete circostanze del caso. Invece, il comportamento mantenuto dalla ricorrente, privo di qualsivoglia carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, non può certamente dirsi interruttivo del nesso di causalità. Al massimo, chiariscono i giudici, la condotta della donna può nella specie, se del caso, assumere rilievo sotto il profilo del concorso ex art. 1227 c.c. da provarsi da parte del custode, presunto responsabile.


La sentenza è cassata con rinvio alla Corte d'Appello, che dovrà fare applicazione dei principi indicati in sentenza.



Cass. III sez. civ., n. 13222/2016

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