Se il tribunale del riesame non decide entro 10 giorni dal deposito degli atti sulla richiesta di riesame la misura cautelare diventa inefficace
di Fulvio Graziotto - Se il tribunale del riesame non decide nel merito entro 10 giorni dal deposito degli atti sulla richiesta di riesame, la misura cautelare diventa inefficace. Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 8110/2016 (qui sotto allegata).

Il caso

Il Tribunale, in accoglimento del gravame proposto dal Procuratore della Repubblica, applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari per un imputato del reato di concorso in rapina pluriaggravata.

Per lo stesso reato era già stata applicata la medesima misura cautelare successivamente dichiarata inefficace dal Tribunale del riesame per omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale ex art. 309, comma 8, codice di procedura penale.

Il Giudice per le indagini preliminari respingeva, con ordinanza, la richiesta di rinnovazione della misura cautelare proposta dal Pubblico Ministero, che proponeva gravame al Tribunale del riesame.

Ricorreva per Cassazione il difensore dell'imputato, deducendo la violazione di legge in relazione all'applicazione dell'art. 309 c.p.p. con riguardo agli elementi di fatto erroneamente valutati come "eccezionali ragioni di cautela", a seguito del quale ricorso la Cassazione enunciava relativo il principio di diritto.

La decisione

Anzitutto la Cassazione precisa che «L'originaria procedura di riesame si era sì conclusa con l'ordinanza depositata nel termine di cui all'art. 309, comma 9, cod. proc. pen. il 15/9/2015, ordinanza che a seguito di un rilevato vizio procedurale legato alla notifica dell'avviso di celebrazione dell'udienza aveva di fatto chiuso l'incidente cautelare con la declaratoria di inefficacia della misura applicata dal Giudice per le indagini preliminari (e la conseguente rimessione in libertà dell'indagato), tuttavia non si era trattato di una decisione sul merito dell'istanza, né avrebbe potuto esserlo dato il rilevato vizio di formazione del contradditorio. Strettamente collegato alla questione esaminata è, poi, il primo profilo di ricorso. Il Tribunale del riesame ha, infatti, sostenuto che nel caso in esame la misura cautelare sarebbe rinnovabile senza che sia necessario che ricorrano "eccezionali esigenze cautelari"».

Il Collegio affronta in modo più approfondito la questione delle condizioni relative alla impossibilità di rinnovo della misura cautelare: esse «sono quindi da ritenersi collegate alla ricorrenza di almeno una delle condizioni indicate dalla norma: a) il fatto della mancata trasmissione entro cinque giorni da parte dell'autorità procedente al tribunale del riesame degli atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1, nonché di tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini; b) la mancata decisione sulla richiesta di riesame da parte del tribunale entro dieci giorni dalla ricezione degli atti; e) il mancato deposito della relativa ordinanza entro trenta giorni dalla decisione (salvo che sia disposto un termine più lungo purché non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione). Nel caso di specie la questione si pone con riguardo all'ipotesi sub. b). Deve, infatti, evidenziarsi che quando la norma parla di "decisione sulla richiesta di riesame" non può che fare riferimento alla decisione di merito e non certo ad una decisione di diversa natura che per effetto di un mero vizio procedurale ha portato alla declaratoria di inefficacia della misura stante l'impossibilità di adottare la richiesta decisione di merito (quella per intenderci volta a rispondere alle doglianze del indagato/imputato che ha attivato il gravame) entro il rigoroso termine previsto dalla legge».

Per la Cassazione, «una volta soddisfatte le condizioni procedinnentali predette - alle quali va equiparata l'ipotesi in cui l'indagato non si presenti a rendere l'interrogatorio - l'emissione della nuova ordinanza è soggetta agli ordinari parametri in punto di gravità indiziaria, esigenze cautelari e scelta delle misure: risultando quindi del tutto estraneo, rispetto alla nuova valutazione giudiziale, il requisito della "eccezionalità" delle esigenze».

Sulla rilevanza e sulle conseguenze di un vizio procedurale, la Corte così afferma: «per il resto non v'è ragione giustificatrice per differenziare il caso in cui la procedura relativa all'incidente cautelare sia stata regolarmente instaurata ma tardivamente conclusa per effetto della mancata decisione entro il termine di cui al comma 9 dell'art. 310 cod. proc. pen. rispetto a quella nella quale la procedura non sia potuta giungere alla naturale decisione di merito per effetto di un vizio procedurale verificatosi medio tempore. In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad una mancata decisione nel merito nei termini previsti dalla legge oltretutto per fattori non dipendenti dall'indagato/imputato e non si vede perché ciò dovrebbe portare a conseguenze processuali diverse».

La Seconda Sezione Penale sottolinea anche che «qualora si volesse affermare che la mera presenza di un "incidente" procedurale nella formazione del contraddittorio tale da non consentire l'emissione di una tempestiva decisione nel merito apre la strada ad una rinnovazione sic et simpliciter del provvedimento cautelare, ciò potrebbe addirittura sfociare nel patologico e costituire un escamotage per una reiterazione ad libitum della misura coercitiva. Ne consegue che nel caso in esame l'ordinanza coercitiva genetica era divenuta inefficace e la stessa poteva essere riemessa solo in presenza di "eccezionali esigenze cautelari" oltretutto "specificamente motivate"».

La Suprema Corte, quindi, enuncia il seguente principio di diritto:«L'impossibilità per il Tribunale di addivenire per ragioni formali (nella specie per l'omessa o tardiva notifica all'indagato istante dell'avviso di celebrazione dell'udienza camerale ex art. 309, comma 8, cod. proc. pen.) ad una decisione nel merito della richiesta di riesame di ordinanza applicativa di misura cautelare personale comporta la perdita di efficacia della misura stessa che potrà essere rinnovata ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen. solo in caso di ricorrenza di eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate».

Osservazioni

Nel testo dell'art. 309 c.p.p. così come modificato dalla Legge 47/2015, la misura coercitiva perde efficacia e non può (salvo eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate) essere rinnovata.


Cassazione, sentenza n. 8110/2016

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