Ecco come funziona il tentativo di conciliazione obbligatorio per le controversie su luce e gas approvato dall'Autorità

Avv. Marco Capone - Con la delibera n. 209/2016 l'Autorità per l'Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, ha approvato il c.d. TICO (Testo Integrato Conciliazione) che istituisce il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie aventi ad oggetto i servizi di fornitura dell'energia elettrica e del gas. 


A partire dal primo gennaio 2017, gli utenti finali dei detti servizi, nonché i "prosumer" (ovvero coloro che sono al contempo produttori e consumatori di energia elettrica), prima di proporre una domanda giudiziale nei confronti delle rispettive società fornitrici, dovranno preliminarmente e obbligatoriamente esperire un tentativo di risoluzione stragiudiziale della controversia (leggi in merito: "Bollette: da gennaio conciliazione obbligatoria")


Il procedimento

Al fine di ottemperare a tale "condizione di procedibilità" (art. 3.1 del TICO), il suddetto Testo Integrato disciplina uno specifico procedimento di conciliazione.

Quest'ultimo, si svolgerà a cura di una apposita articolazione dell'Autorità (c.d. Servizio Conciliazione) e non comporterà oneri per il consumatore. L'istanza introduttiva, non richiederà particolari formalità e, ad ulteriore valorizzazione della semplicità e della celerità della procedura, sarà possibile anche la presentazione della stessa per via telematica. 

L'utente non necessiterà nemmeno dell'assistenza di un avvocato o di una associazione di categoria, che resta comunque una facoltà dell'istante.

La domanda introduttiva dovrà rispettare alcuni requisiti essenziali indicati dal TICO (artt. 6.7 e 7.1) in difetto dei quali il Servizio Conciliazione emetterà una declaratoria di inammissibilità della procedura e provvederà alla relativa archiviazione. Una volta attivato, il procedimento proseguirà esclusivamente per il tramite di strumenti telematici nel rispetto dei principi di imparzialità, terzietà, riservatezza delle informazioni, competenza del conciliatore e garanzia del diritto di difesa. 


I tempi

Il tempo massimo entro cui la procedura dovrà essere definita, è fissato in novanta giorni dalla proposizione della domanda, prorogabile alla presenza di specifiche condizioni, per una sola volta e per ulteriori trenta giorni. In alternativa all'istituto innanzi descritto, l'utente potrà soddisfare la condizione di procedibilità, in presenza di appositi protocolli d'intesa, anche ricorrendo alla media - conciliazione di cui al D. Lgs. 28/2010, nonché a quella espletata dalle C.C.I.A.A..

Ratio e criticità

Il TICO, nel dare attuazione alla legge istitutiva della Autorità (L. 481/1995), risponde alla più generale
esigenza di diminuire il numero del contenzioso giudiziario mediante la devoluzione di alcune controversie verso strumenti alternativi al processo. Pur volendo in questa sede tralasciare la più annosa questione dell'opportunità e della reale funzionalità di tale politica del diritto, non ci si può comunque esimere dallo stigmatizzare la totale disorganicità e l'eccessiva frammentazione normativa che attualmente si avverte in materia. Forse sono davvero troppi gli strumenti conciliativi al momento in vigore nel nostro ordinamento; e non tutti rispondono a reali esigenze di specialità
delle controversie trattate. Al contrario, l'attuale contesto evidenzia irrazionali sovrapposizioni di disciplina e ingiustificate
discriminazioni di trattamento che appaiono difficilmente conciliabili con l'art. 3 della nostra Carta Costituzionale.
Eloquente in tal senso è la netta differenza di trattamento tra la condizione di procedibilità contemplata dall'art. 5 comma 1 bis. del D. Lgs. 28/2010 e quella istituita dal recente TICO. Se nel primo caso, è esplicitamente previsto che quando la domanda giudiziale non sia preceduta dal tentativo di conciliazione, il Giudice non potrà "sic et simpliciter" definire il
giudizio, ma anzi dovrà concedere alle parti un congruo termine affinché queste provvedano all'esperimento del procedimento; per le conciliazioni devolute alla cognizione dall'Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Servizio idrico (come quelle espletate dai Co.Re.Com in materia di telecomunicazione), non si rinviene una norma del medesimo tenore. Per tali casi, non sono infatti ancora chiare le conseguenze derivanti dal mancato esperimento della procedura stragiudiziale. Stante tale ambiguità, non sembra inopportuno il ritorno ad una attenta riflessione sugli istituti di risoluzione delle controversie alternativi al giudizio con l'intento di cristallizzare i principi fondamentali valevoli per
ognuno di questi ivi compreso il rapporto che dovranno avere con la funzione giurisdizionale.


Avv. Marco Capone

cmarc@hotmail.it


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