Per il Cnf, offrire servizi professionali a costi bassi o predeterminati viola la dignità e il decoro della professione forense

di Lucia Izzo - Va ritenuta lesiva della dignità e del decoro della professione forense, la condotta di un avvocato che pubblichi su una rivista un box pubblicitario offrendo servizi professionali a costi molto bassi o predeterminati forfettariamente, senza che il compenso venga parametrato e proporzionato all'attività svolta.
Lo ha disposto il Consiglio Nazionale Forense, sentenza 24 settembre 2015, n. 142 (qui sotto allegata).


Il ricorrente ha impugnato la decisione del COA di Monza che gli aveva comminato la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi, ritenendolo responsabile di aver violato la normativa deontologica forense a causa della pubblicazione di una inserzione pubblicitaria del proprio studio legale associato, utilizzando uno strumento informativo consentito ma con forma e modalità irrispettose della dignità e del decoro della professione


Secondo il Consiglio dell'Ordine distrettuale, la condotta era sanzionabile, avendo il professionista utilizzato il box pubblicitario per un'inserzione palesemente suggestiva del basso costo della prestazione offerto.

Decisione confermata dal Consiglio Nazionale Forense (che ha solo applicato una riduzione della sanzione irrogata): la consolidata giurisprudenza in materia di pubblicità informativa, infatti, pone l'accento sul necessario rispetto dei limiti posti dal codice deontologico a tutela del decoro e della dignità della professione forense.


Professionista e cliente vengono a trovarsi in una situazione caratterizzata da rilevanti asimmetrie informative, per cui risulta necessario che l'avvocato fornisca un'informazione completa, corretta, chiara e trasparente, che non si traduca in accaparramento della clientela, pubblicità elogiativa, comparativa, ingannevole ovvero occulta.

L'interesse tutelato è infatti il diritto del cittadino di compiere scelte consapevoli ed orientate, libere da condizionamenti ovvero da una falsa rappresentazione della realtà.


La pubblicità mediante la quale il professionista, con il fine di condizionare la scelta dei potenziali clienti, e senza adeguati requisiti informativi, offra prestazioni professionali, vìola le prescrizioni normative laddove il messaggio sia formulato con modalità attrattive della clientela e con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e con il decoro.

Ciò avviene, quindi, se la proposta commerciale offre servizi professionali a costi molto bassi, a prescindere dalla corrispondenza o meno alle indicazioni tariffarie.


Il Codice Deontologico forense, a seguito dell'entrata in vigore della normativa nota come "Bersani", non consente una pubblicità indiscriminata (ed in particolare quella comparativa ed elogiativa), ma la diffusione di specifiche informazioni sull'attività, ed anche sui corrispettivi, i contenuti e le altre condizioni di offerta di servizi professionali, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione del compenso e della modalità del suo calcolo.


Pone pertanto in essere una condotta disciplinarmente rilevante il professionista che offra servizi professionali a costi predeterminati molto bassi, dovendo parametrarsi l'adeguatezza del compenso al valore ed all'importanza della singola pratica trattata e non già determinarsi forfettariamente senza alcuna proporzione all'attività svolta.


La tecnica di redazione dell'avviso pubblicitario contestato, la sua collocazione, l'evidenza riservata in via pressoché esclusiva e palesemente suggestiva al costo della prestazione offerta, violano i dei generali principi di probità e decoro e dello specifico divieto di accaparramento della clientela.

Consiglio Nazionale Forense, sentenza 24 settembre 2015, n. 142

Foto: 123rf.com
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