Alcuni dati statistici, prospettive e scenari sulle professioni

di Roberto Paternico'. Nell'ultimo rapporto annuale ISTAT 2016 (La situazione del Paese) vengono esposti ed analizzati, anche, alcuni dati sulle prospettive e gli scenari delle professioni. Nel ricambio generazionale dell'occupazione, solo tre giovani su dieci s'inseriscono nell'ambito delle professioni qualificate come primo lavoro.

Il 29,7% delle persone con 15-34 anni alla prima esperienza lavorativa svolge una professione a elevata specializzazione o tecnica: più presenti le professioni organizzate in ordini (avvocati, architetti, ingegneri, commercialisti), gli analisti di software, i programmatori e le professioni in ambito sanitario (dai medici agli infermieri). Il 42,9% è impiegato in professioni intermedie, e tra queste il 30,8% in professioni esecutive nelle attività commerciali o nei servizi, tra le quali le più frequenti sono quelle di commesso, cameriere, barista, addetto alla assistenza personale, cuoco, parrucchiere, estetista.

La quota dei giovani che svolge una professione non qualificata è simile a quella delle persone con almeno 55 anni (circa il 10%), ma con nette differenze tra giovani italiani (7,0%) e stranieri (36,1 %), per i quali le occupazioni a bassa qualifica più frequenti sono, per le donne: i servizi di pulizia e alla persona (collaboratore domestico, addetto alla pulizia di uffici e negozi), per gli uomini: i lavori manuali (facchini, magazzinieri, braccianti agricoli).

Nel complesso, se la maggior parte delle posizioni ricoperte dalle persone con almeno 55 anni richiedeva al massimo la licenza media, tra gli occupati delle nuove generazioni prevalgono i diplomati e i laureati che in quattro casi su dieci si trovano a svolgere un lavoro per il quale è richiesto un titolo di istruzione più basso.

In generale, tra gli usciti dal mondo del lavoro è più presente il lavoro indipendente.

All'interno del lavoro autonomo, in oltre la metà dei casi i nuovi entrati sono liberi professionisti o collaboratori (28,9 e 26,6%, rispettivamente), mentre tra gli usciti prevalgono i lavoratori in proprio (il 61,9 %).

L'analisi svolta mette in luce che il mercato del lavoro è una realtà dinamica e in mutamento, in cui sussistono forti disparità nel capitale umano e negli skill di giovani e anziani, così come nei settori e le professioni in cui sono occupati. Il mercato del lavoro è cambiato profondamente sia sul versante dell'offerta, sia su quello della domanda: non solo giovani e anziani hanno profili professionali e competenze differenti ma sono cambiati anche, negli anni, il modello produttivo, le tecnologie, la struttura settoriale, la regolazione.

Così come gli occupati stranieri sono difficilmente sostituibili con gli italiani, allo stesso modo lo sono, anche, gli anziani con i giovani e quindi l'uscita dal mercato del lavoro dei primi non comporta automaticamente una maggiore occupazione per i secondi.

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