Stretta contro le azioni esecutive fatte per crediti di natura irrisoria

di Lucia Izzo - Abusa del processo il creditore che attiva il pignoramento per recuperare somme irrisorie, ad esempio quelle che costituiscono spese legali o interessi.

L'impulso dato dal creditore alla procedura esecutiva (l'istanza di vendita con conseguente notifica della fissazione dell'udienza ex art. 569 c.p.c.) in data successiva all'integrale pagamento dell'importo precettato costituisce un esercizio abusivo del processo esecutivo poiché non vi è corrispondenza tra il mezzo processuale (impulso all'azione esecutiva) ed il suo fine (soddisfacimento del credito consacrato nel titolo esecutivo).

Lo ha deciso il Tribunale di Monza (Giudice Giovanni Battista Nardecchia) in una sentenza del 19 maggio 2016 (qui sotto allegata) sottolineando un orientamento già diffuso in giurisprudenza.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale lombardo, l'apponente denuncia che, nonostante l'avvenuta estinzione del debito, il creditore, in spregio a qualsiasi dovere di buona fede e correttezza, non solo non ha provveduto a fare dichiarare la estinzione della procedura ma l'ha addirittura coltivata e le ha dato impulso, facendo notificare copia del decreto di fissazione udienza ex art. 569 c.p.c. alla debitrice esecutata.

Il giudice chiarisce come anche la Cassazione abbia ritenuto applicabile la figura dell'abuso nell'ambito del processo esecutivo, essendo evidente l'identità di ratio in ordine all'applicazione, pure in ambito processuale e nel contesto dei canoni costituzionalizzati del giusto processo, del principio di buona fede, allo stato già affermato per il processo di cognizione.

Il processo esecutivo tende al soddisfacimento del credito consacrato nei titolo esecutivo in favore del creditore e in danno del debitore, ma evidenti esigenze sistematiche di equità, economicità e proficuità del processo, impongono che tanto avvenga con il minor possibile sacrificio delle contrapposte ragioni di entrambi i soggetti.

Vale a dire, il creditore ha diritto ad ottenere né più né meno di quanto gli compete in forza del titolo, ma va correlativamente tutelata anche l'aspettativa del debitore a non vedere diminuito il suo patrimonio in misura eccedente quanto sia strettamente necessario per la realizzazione del diritto del creditore

Nel corso del 2015 (Cass. 3 marzo 2015, n. 2015) la Suprema Corte è intervenuta più volte ravvisando l'abuso nell'ipotesi in cui il processo esecutivo è stato proseguito per il recupero di somme irrisorie a fronte del pagamento integrale del precetto.

La Corte ha affermato che "l'interesse a proporre l'azione esecutiva, quando abbia ad oggetto un credito di natura esclusivamente patrimoniale, nemmeno indirettamente connesso ad interessi giuridicamente protetti di natura non economica, non diversamente dall'interesse che deve sorreggere l'azione di cognizione, non può ricevere tutela giuridica se l'entità del valore economico è oggettivamente minima e quindi tale da giustificare il giudizio di irrilevanza giuridica dell'interesse stesso".

Laddove sussistano ulteriori somme rimaste impagate, ad esempio quelle per le prestazioni del difensore per l'attività successiva alla notifica del precetto, la sentenza suggerisce al creditore di invitare prima il debitore a pagare spontaneamente, quantificando l'importo richiesto.

Una volta accertata la condotta abusiva del creditore consistente nell'illegittima prosecuzione del processo esecutivo dopo che era stato integralmente pagato l'importo precettato e non era stato richiesto l'adempimento spontaneo per spese successive eventualmente maturate dopo la notifica del precetto, il giudice evidenzia la necessità di eliminare le conseguenze dell'uso distorto del processo esecutivo, attraverso il ripristino o il conseguimento della situazione processuale e sostanziale che si sarebbe avuta se quella distorsione non avesse avuto luogo.

Nel caso di specie, ciò comporta l'inefficacia degli atti di impulso della procedura successivi al pagamento dell'importo precettato e, in primo luogo, dell'istanza di vendita che determina quella del pignoramento

Tribunale di Monza, 19 maggio 2016

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