La colpa è del pedone distratto che poteva evitare lo scivolone

di Marina Crisafi - No al risarcimento per il pedone che cade nel tombino, pur conoscendo bene la strada. Il danneggiato infatti aveva la possibilità di evitare lo scivolone. Ad affermarlo è la Corte d'Appello di Taranto con la sentenza n. 45/2016 (qui sotto allegata), rigettando la domanda di risarcimento proposta da una ragazza nei confronti del comune per la caduta in una buca.

Confermando la decisione di primo grado, il collegio ha ritenuto innanzitutto che dalla ricostruzione del sinistro non emergeva come causale dell'incidente l'insidia stradale (dai referti dell'ospedale risultava infatti caduta accidentale), inoltre, durante l'interrogatorio formale, la giovane aveva dichiarato di aver percorso più volte quel tratto di strada, data la vicinanza della sua abitazione al luogo teatro del sinistro ma di non aver fatto caso alla presenza del tombino che le aveva fatto perdere l'equilibrio.

Senza contare poi che, foto alla mano, la strada era ben illuminata e la danneggiata aveva appena quindici anni all'epoca del sinistro, quindi giovane e dotata di buoni riflessi.

Ma nel rigettare la domanda di risarcimento, il giudice d'appello si sofferma sulla natura della responsabilità per custodia del comune ex art. 2051 c.c.

Una responsabilità, per il consolidato orientamento della giurisprudenza, "oggettiva" che necessita per la sua applicazione soltanto della "sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo", dalla quale il custode può liberarsi soltanto provando il caso fortuito "fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno", mentre è pacifico che "l'attore che agisce per il riconoscimento del danno ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo" (cfr., tra le altre, Cass. n. 858/2008; 8005/2010; 5910/11).

Ebbene, nella vicenda, non risulta provato, per i giudici, "il nesso eziologico tra la cosa in custodia (tombino) e la caduta della ricorrente", in quanto è chiaro che essa va ascritta, alla negligenza di quest'ultima che abitava vicino al luogo del sinistro, che quindi doveva esserle familiare, camminava senza guardare per terra, distratta dalla compagnia, e non denunciava la caduta nel tombino ai sanitari che l'avevano presa in cura.

Nessuna insidia stradale, quindi, il comune custode è libero da ogni responsabilità per il danno, la quale è da ascrivere esclusivamente alla condotta della ragazza (che avrebbe potuto ben evitare la caduta usando l'ordinaria diligenza), condannata anche al pagamento delle spese legali.

Corte d'Appello di Taranto, sentenza n. 45/2016
Vedi anche:
- Insidie stradali - guida legale
- Insidie stradali - raccolta di articoli e sentenze

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