Per la Cassazione, ad essere liquidabili sono solo i costi vivi, se l'agente della riscossione è rappresentato in giudizio da un proprio funzionario

di Marina Crisafi - D'ora in poi i cittadini che perdono una causa contro Equitalia non potranno essere condannati anche al pagamento delle spese processuali. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 8413/2016 (qui sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda che aveva visto un contribuente perdere il ricorso contro la società di riscossione, alla quale però non venivano riconosciute le spese processuali, in quanto rappresentata in giudizio da un proprio funzionario.

Il ragionamento della S.C. è lineare: la legge consente sia all'agente della riscossione che agli enti impositori (Agenzia delle Entrate ed enti locali) la capacità di stare in giudizio per mezzo dei propri dipendenti, in deroga all'obbligo generale di avvalersi di una difesa tecnica.

Per cui, considerato che tali enti non sostengono i costi per li compensi di un professionista abilitato (avvocato, commercialista o altro), la conseguenza è che se vincono in giudizio non hanno diritto ad ottenere il rimborso per spese legali, di fatto mai sostenute.

Ergo, qualsiasi sentenza di rigetto del ricorso proposto da un contribuente in cui lo stesso venga condannato anche al rimborso delle spese processuali a favore di Equitalia o enti rappresentati da un loro interno, sarebbe viziata su tale punto.

La portata della pronuncia di legittimità appare ancora più interessante se si considera la recente riforma fiscale (cfr. d.lgs. n. 156/2015). Per l'effetto delle modifiche apportate al contenzioso tributario, l'art. 15 del d.lgs. n. 546/1992 prevede che la parte soccombente è condannata a pagare le spese di giudizio, limitando la compensazione (totale o parziale) solo ai casi di soccombenza reciproca o di gravi ed eccezionali ragioni espressamente motivate.

Contro tale regola generale, quindi, il contribuente potrà portare in proprio soccorso quanto affermato dalla Cassazione.

Il discorso ovviamente non vale per le spese "vive" (ossia quelle di cancelleria, deposito contributo unificato, ecc.) che l'ente abbia sostenuto: sempre che le abbia concretamente affrontate e dimostrate con apposita nota, queste infatti vanno rimborsate.

Cassazione, sentenza n. 8413/2016

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