Non è un'imposta sui redditi in senso tecnico per cui la somma non pagata non può rientrare nel profitto dell'illecito sequestrabile

di Marina Crisafi - L'evasione dell'Irap non è reato perché non è un'imposta sui redditi in senso tecnico, per cui l'importo del tributo non pagato non rientra nel profitto dell'illecito sequestrabile. Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 12810/2016, depositata ieri (qui sotto allegata), annullando il sequestro preventivo nei confronti di un imprenditore che non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per un importo totale di evasione pari a quasi 700mila euro.

A fronte del debito è scattato il sequestro con ordinanza del tribunale della libertà di Pescara che l'uomo ha impugnato innanzi al Palazzaccio sostenendo che dalla somma complessiva andavano decurtati i 60mila euro dell'Irap.

Per gli Ermellini l'uomo ha ragione.

"Il sequestro e la confisca per equivalente non possono avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato - hanno affermato, infatti - nel senso cioè che il valore delle cose sequestrate deve essere adeguato e proporzionale all'importo del credito garantito".

Ha sbagliato, quindi, il tribunale a tenere conto per la quantificazione del profitto del reato ex art. 5 del d.p.r. n. 74/2000 anche del mancato pagamento dell'Irap (relativamente ai redditi degli anni 2010/2012), giacché "la legge non conferisce rilevanza penale all'eventuale evasione dell'imposta regionale sulle attività produttive" in quanto non rappresenta "un'imposta sui redditi in senso tecnico" e le dichiarazioni costituenti l'oggetto materiale del reato de quo, "sono solamente le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni annuali Iva".

Una conferma in tal senso, proseguono da piazza Cavour, si trae anche dalla circolare del Ministero dette finanze n. 154/E del 4 agosto 2000, che motiva l'esclusione della dichiarazione Irap "con la natura reale di siffatta imposta, che perciò considera non incidente sul reddito".

L'ipotizzato reato di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 74/2000 - ha spiegato la S.C. - "tutela il bene giuridico patrimoniale della percezione del tributo ed è alla mancata percezione d'imposta (sui redditi e dell'Iva), derivante dall'omessa presentazione di 'una delle dichiarazioni relative a dette imposte' che deve farsi riferimento per l'individuazione del 'profitto' del reato, quando sia stata superata la soglia di punibilità prevista dalla fattispecie incriminatrice".

Da qui l'annullamento dell'ordinanza limitatamente all'importo dell'imposta e la rideterminazione del profitto confiscabile "depurato" dallo stesso con la conseguente restituzione di quanto sequestrato in più all'imprenditore.

Cassazione, sentenza n. 12810/2016

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