Se l'incidente determina un'invalidità non lieve la menomazione della capacità lavorativa generica va liquidata separatamente

di Lucia Izzo - Lo studente vittima di un sinistro stradale che gli ha provocato un'invalidità non lieve, ha diritto al risarcimento del danno per la menomazione della futura capacità lavorativa subita, che non rientra nell'alveo del danno non patrimoniale, ma va quantificata dal giudice separatamente nonostante non sia stata provata la perdita di chance relativa a una specifica professione.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, III sezione civile, nella sentenza n. 5880/2016 (qui sotto allegata) che ha accolto parzialmente il ricorso promosso da un ex studente di ragioneria in tema di danno da lesione della capacità lavorativa.


Il ricorrente, minore all'epoca dei fatti, aveva subito una menomazione fisica dopo essere stato investito da un'auto: in ragione dell'accertato 30% di invalidità permanente, i giudici di merito gli riconoscevano la somma di circa 128mila euro, di cui circa 79mila  per "danno biologico" e circa 42mila per "danno morale".


Il giudice di prime cure, tuttavia, aveva ritenuto di non poter stabilire eventuali ripercussioni sulla futura capacità lavorativa del giovane, perché studente di ragioneria al momento del sinistro e, quindi, privo di ogni fonte di reddito; valutazione condivisa dal giudice d'appello secondo sarebbe stato necessario dimostrare che, con elevato grado di probabilità, il minore avrebbe terminato gli studi e svolto l'attività di ragioniere o altra specifica attività lavorativa da cui trarre fonte di reddito. Pertanto, la lesione della capacità lavorativa era stata ricondotta all'interno del danno non patrimoniale.


Gli Ermellini, di contrario avviso, evidenziano l'errore di diritto commesso dalla Corte territoriale in ordine al procedimento di sussunzione della fattispecie concreta che era chiamata a giudicare: il giudice di seconde cure avrebbe potuto dedurre dal mancato conseguimento del diploma da parte della vittima, la perdita di una capacità lavorativa "specifica", ossia quella di diventare ragioniere, ma lo stesso non avrebbe potuto fare in ordine alla capacità "generica" di svolgere qualunque altro lavoro.


La CTU espletata, infatti, aveva evidenziato che la menomazione fisica subita dal ricorrente avrebbe determinato nella sua salute un aggravio consistito in difficoltà nello svolgimento di un'attività lavorativa che lo costringesse molto tempo in piedi, nonché altri minimi risvolti negativi se avesse svolto un'attività di intelletto a causa di sporadiche emicranie.


Pertanto, concludono i giudici,  "in caso di lesioni sofferte da un soggetto minore, al momento del sinistro ancora studente, e che abbiano determinato una invalidità permanente pari al 30% e, dunque, di non lieve entità, il giudice di merito, investito  della domanda di riconoscimento del conseguente danno futuro patrimoniale per perdita di capacità lavorativa generica, non compie un corretto procedimento di sussunzione della fattispecie, allorquando ritenga di procedere alla liquidazione di tale danno all'interno della liquidazione del danno non patrimoniale, essendo tale possibilità limitata (e sempre salvo dimostrazione in senso contrario di una perdita di chance lavorativa futura specifica nonostante la lievità della lesione) soltanto al caso di lesioni personali di lieve entità e peraltro limitatamente all'ipotesi in cui la loro concreta incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura".

La sentenza impugnata è, pertanto, cassata in quanto ha svolto un erroneo procedimento di sussunzione e, dunque, ha falsamente applicato l'art. 1223 c.c. ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa generica del ricorrente.

Il Giudice di rinvio procederà alla liquidazione autonoma del danno patrimoniale derivato dalla lesione della futura capacità lavorativa generica



Cass., III sez. civ., sent. 5880/2016

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: