Guida legale e giurisprudenza aggiornata

di Giovanni Tringali - L'importanza della regolare tenuta della contabilità è dimostrata dalla previsione legislativa di due norme penali come la bancarotta semplice e fraudolenta documentale, quest'ultima addirittura punita con le stesse pene previste per la bancarotta patrimoniale. Chi fa l'imprenditore conosce bene l'importanza delle scritture contabili, sa che da queste può trarre informazioni essenziali sull'andamento della sua azienda, sulla remunerazione del capitale investito, ma sa anche che queste informazioni nel momento in cui divengono comunicazioni sociali a terzi (es. con il deposito dei bilanci) sono una garanzia per se stesso e per il pubblico. 


La norma

Art. 216 L.F. - Bancarotta fraudolenta:

«È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. Omissis».


Bene giuridico protetto

L'interesse che si intende tutelare è quello della generalità dei creditori alla corretta informazione sulle vicende patrimoniali e contabili dell'impresa. Le scritture contabili consentono una conoscenza documentata e giuridicamente utile del patrimonio del fallito.

Soggetto attivo

L'imprenditore

commerciale1. La nozione giuridica di imprenditore commerciale si ricava dall'art. 2195 c.c2. La bancarotta può essere propria o impropria, a seconda che il fatto sia commesso da un imprenditore individuale fallito o da un soggetto diverso dal fallito, come, ad

esempio, un amministratore, un direttore generale, un sindaco o un liquidatore di una società commerciale. Nel contesto della bancarotta propria debbono essere ricondotti anche i fatti commessi dai soci "illimitatamente" responsabili3 (società in nome collettivo, in accomandita semplice ed in accomandita per azioni).

Elemento soggettivo

Si distingue l'ipotesi in cui è richiesto che l'agente agisca per un fine particolare dal caso in cui è sufficiente la volontà di realizzare tutti gli elementi del fatto tipico:

a. dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, nel caso di sottrazione, distruzione e falsificazione delle scritture contabili;

b. dolo generico, consistente nello scopo di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, nel caso di tenuta irregolare dei libri e le altre scritture contabili. Se la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari della società ha luogo grazie a documentazione acquisita presso terzi, la bancarotta fraudolenta documentale può configurarsi ugualmente, atteso che tale necessità potrebbe costituire la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario.

Elemento oggettivo

La condotta ha per oggetto i libri e le altre scritture prescritti dalla legge ossia quelle obbligatorie previste dal Codice Civile ex artt. 22144, 2421, 2478. Quindi innanzitutto libro giornale e libro degli inventari, ma anche gli altri libri sociali quali il libro dei soci, delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, del collegio sindacale, ecc… (riguardo ai documenti di natura prettamente fiscale si veda infra la giurisprudenza in approfondimento).

Si ritiene che oggetto materiale del reato possano essere anche le scritture non obbligatorie quando la loro mancanza impedisca la "ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari".

La condotta può consistere nella:

a. sottrazione (nel senso di portar via);

b. distruzione (nel senso di eliminare);

c. falsificazione (nel senso di distorcere e manipolare);

d. tenuta caotica (sempreché l'irregolare tenuta superi un certo limite e quindi non consenta la "ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari").

Per i rapporti tra questa fattispecie e l'omesso deposito delle scritture contabili ex artt. 16, n. 3, 220 L.F. , ovvero per il caso di omessa tenuta, si veda infra gli approfondimenti.


Procedibilità

D'ufficio.

Competenza

La competenza viene ricondotta al luogo in cui viene emessa la sentenza dichiarativa di fallimento. Un problema dibattuto è l'individuazione del momento consumativo dei reati prefallimentari. In particolare, la dottrina considera la sentenza di fallimento come condizione obiettiva di punibilità mentre la giurisprudenza la considera elemento costitutivo del reato stesso con la conseguenza di considerare da tale data la decorrenza del termine di prescrizione del reato e la competenza territoriale presso il Tribunale del fallimento.

Sanzioni

Reclusione da tre a dieci anni.


Prescrizione

In base all'articolo 157 del c.p. la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge (in questo caso dieci anni) e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. La prescrizione del reato di bancarotta documentale comincia a decorrere dal momento della sua consumazione quindi dalla data della sentenza di fallimento.

La differenza con la bancarotta semplice documentale

Tra le due ipotesi di reato - artt. 2165 e 2176 - ricorrono rilevanti differenze in ordine sia all'elemento oggettivo, sia a quello soggettivo, sia riguardo alla pena. La bancarotta "fraudolenta" documentale è un reato di danno (pregiudizio per i creditori) e, si ritiene, coinvolga nella condotta anche le scritture facoltative, sebbene nella limitata ipotesi di impossibilità di ricostruzione del patrimonio, mentre la bancarotta semplice, che concerne soltanto le scritture obbligatorie, è un reato di pericolo presunto.

Il primo è un reato esclusivamente doloso: si tratta di dolo specifico nel caso di sottrazione, distruzione e falsificazione delle scritture contabili in quanto lo scopo perseguito dall'agente è quello di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri o di arrecare un pregiudizio ai creditori, mentre si tratta di dolo generico quando ha tenuto i libri o le altre scritture contabili in modo irregolare con lo scopo di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. In questo ultimo caso la prova del dolo non può desumersi dallo stato delle scritture ma occorre dimostrare la piena consapevolezza dell'imprenditore di tenere le scritture in modo tale da non rendere ricostruibile il patrimonio e i movimenti degli affari.

La bancarotta semplice documentale, secondo una parte della giurisprudenza, è punibile sia a titolo di dolo sia a titolo di colpa (in realtà già il fatto di considerare un delitto punibile a titolo di colpa dovrebbe suscitare una riflessione su quanto previsto dall'art 42 c.p.7). Essendo un reato di mera condotta è realizzata anche con la semplice omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili sorretta da imprudenza, negligenza o violazione di leggi, per cui è superflua l'indagine sull'efficacia causale o sulle conseguenze dell'omessa o irregolare tenuta delle scritture stesse. Si consideri inoltre che, a differenza della bancarotta fraudolenta documentale, quella semplice deve riguardare libri o altre scritture dei tre anni antecedenti la dichiarazione di fallimento.

Riguardo all'omessa tenuta della contabilità, si segnala che con sentenza n. 11115 depositata il 16 marzo 2015 la Cassazione ha precisato che questa condotta può integrare sia la bancarotta fraudolenta sia quella semplice e che bisogna guardare all'elemento soggettivo per stabilire se si è nell'uno o nell'altro caso. Certo è che, in questo caso, il confine tra le due ipotesi di reato è labile mentre la differenza tra le pene edittali è notevole.


Giurisprudenza

In tema di reati fallimentari, l'omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, se lo scopo dell'omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, Sentenza n. 11115 del 22/01/2015).

È configurabile il delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella condotta di un ex amministratore di società dichiarata fallita che non consegna la documentazione contabile al curatore per evitare che la stessa sia utilizzata in suo pregiudizio in un processo penale già in corso, posto che il principio del "nemo tenetur se detegere" comporta la non assoggettabilità ad atti di costrizione tendenti a provocare un'autoincriminazione, ma non anche la possibilità di violare regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva (Sez. 5, Sentenza n. 9746 del 12/12/2014).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale post fallimentare per falsificazione, oggetto della falsificazione può essere sia il documento da annotare nella scrittura contabile dell'impresa sia l'atto formato posteriormente e finalizzato a giustificare una falsa annotazione già compiuta ed a rafforzarne la portata illecita, quale ostacolo alla ricostruzione del patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato in esame la formazione di un contratto ideologicamente falso di vendita finalizzato a supportare una falsa fattura già precedentemente annotata in contabilità e relativa alla vendita di quello stesso bene) (Sez. 5, Sentenza n. 17084 del 09/12/2014)

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per la configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili previste dall'articolo 216, primo comma n. 2 prima parte, l. fall. è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, Sentenza n. 17084 del 09/12/2014).

La ricostruzione "aliunde" della documentazione non esclude la bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la necessità di acquisire presso terzi la documentazione costituisce la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari della società Sez. 5, Sentenza n. 2809 del 12/11/2014

In tema di reati fallimentari, l'inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili, ex artt. 16, n. 3, 220 legge fall., deve ritenersi assorbita dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, commessa mediante sottrazione del compendio contabile, posto che, a fronte dell'omogeneità della struttura e dell'interesse sotteso ad entrambe le figure di reato, la seconda è più specifica, in ragione dell'elemento soggettivo (Sez. 5, Sentenza n. 2809 del 12/11/2014).

In tema di reati fallimentari, integra gli estremi del reato di bancarotta fraudolenta documentale la violazione dei criteri di tecnica contabile nella redazione di documenti societari (Fattispecie concernente una rivalutazione di cespiti annotata in contabilità sulla base di una perizia di stima, in contrasto con il principio generale di iscrizione delle immobilizzazioni al valore di acquisto, ex art. 2426 cod. civ., derogabile solo in casi eccezionali, non ravvisabili con riguardo a macchinari industriali soggetti a perdita di valore per obsolescenza e non certo a rivalutazione) (Sez. 5, Sentenza n. 51127 del 05/11/2014)

In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l'esonero dall'obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall'art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare - ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell'imprenditore - la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, Sentenza n. 52219 del 30/10/2014).

In tema di reati fallimentari, viola il principio di continuità delle scritture di cui all'art. 2216 cod. civ. - per il quale le operazioni devono essere annotate giorno per giorno - la tenuta della contabilità del libro giornale mese per mese, partendo da zero all'inizio di ogni mese come se si tratti di un periodo autonomo rispetto ai precedenti e successivi, violazione che, impedendo la ricostruzione del patrimonio della società, comporta l'integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, Sentenza n. 49593 del 14/10/2014).

Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, le condotte di mancata consegna ovvero di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall'inizio della documentazione contabile, sono tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse ed è inoltre acquisita la prova in capo all'imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, Sentenza n. 47923 del 23/09/2014).

In tema di reati fallimentari, l'esposizione in contabilità di costi fittizi non è di per sé sufficiente ad integrare il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, occorrendo invece che sia ravvisabile l'attitudine della condotta a porre in essere un effettivo pregiudizio per la ricostruzione dell'andamento contabile del fallito (Sez. 5, Sentenza n. 41051 del 19/06/2014).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l'esistenza dell'elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l'elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l'omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poichè in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l'imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest'ultimo caso, si integra l'atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all'art. 217, comma secondo, legge fall. (Sez. 5, Sentenza n. 23251 del 29/04/2014).

In caso di fusione di società per incorporazione, risponde di bancarotta fraudolenta documentale l'amministratore di fatto della società incorporante per la mancanza o irregolare tenuta delle scritture contabili della società incorporata (Sez. 5, Sentenza n. 32728 del 11/03/2014).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, il deposito nella procedura fallimentare delle scritture contabili in copia non è sufficiente ad evitare l'addebito di sottrazione delle stesse (Sez. 5, Sentenza n. 11796 del 05/02/2014).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, il reato previsto dall'art. 216, comma primo n. 2, della legge fallimentare richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell'agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione (Sez. 5, Sentenza n. 5264 del 17/12/2013).

In tema di reati fallimentari, l'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, Sentenza n. 642 del 30/10/2013).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell'impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche in quanto, non essendo egli esonerato dall'obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell'impresa (Sez. 5, Sentenza n. 2812 del 17/10/2013).

Il reato di inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dagli articoli 220 e 16 n. 3, l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all'art. 216, comma primo, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all'art. 217, comma secondo, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (Sez. 5, Sentenza n. 49789 del 25/06/2013).


Integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 l. fall.) il mancato rinvenimento dei "partitari", in quanto, ai fini della configurabilità del reato in questione, assumono rilevanza le condotte fraudolente che abbiano ad oggetto scritture contabili anche diverse da quelle la cui tenuta è obbligatoria ai sensi dell'art. 2214 cod. civ., alle quali fa esclusivo riferimento l'art. 217, comma secondo, ma non anche l'art. 216, comma primo, n. 2 l. fall. (Sez. 5, Sentenza n. 22593 del 20/04/2012).

In tema di reati fallimentari, l'amministratore "di fatto" della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta documentale) (Sez. 5, Sentenza n. 39593 del 20/05/2011)

Non sussiste la violazione del principio del "ne bis in idem" (art. 649 cod. proc. pen.), qualora alla condanna per illecito tributario (nella specie per occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall'art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000) faccia seguito la condanna per bancarotta fraudolenta documentale, stante la diversità delle suddette fattispecie incriminatrici, richiedendo quella penal-tributaria la impossibilità di ricostruire l'ammontare dei redditi o il volume degli affari, intesa come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta; diversamente, l'azione fraudolenta sottesa dall'art. 216 , n. 2 l. fall. si concreta in un evento da cui discende la lesione degli interessi creditori, rapportato all'intero corredo documentale, risultando irrilevante l'obbligo normativo della relativa tenuta, ben potendosi apprezzare la lesione anche dalla sottrazione di scritture meramente facoltative. Inoltre, nell'ipotesi fallimentare la volontà del soggetto agente si concreta nella specifica volontà di procurare a sé o ad altro ingiusto profitto o, alternativamente di recare pregiudizio ai creditori, finalità non presente nella fattispecie fiscale (Sez. 5, Sentenza n. 16360 del 01/03/2011).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la parziale omissione del dovere annotativo integra la fattispecie di cui all'art. 216, comma primo, n. 2, legge fall., in quanto rientra nell'ambito della norma incriminatrice anche la condotta di falsificazione dei dati realizzata attraverso la rappresentazione dell'evento economico in modo incompleto e distorto in ordine alla gestione di impresa e agli esiti della stessa (Sez. 5, Sentenza n. 3114 del 17/12/2010).

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la norma incriminatrice ingloba in sé ogni ipotesi di falsità, anche ideologica, in quanto è preordinata a tutelare l'agevole svolgimento delle operazioni della curatela e a proscrivere ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari, considerato che a questo risultato si frappone non solo la falsità materiale dei documenti, ma anche e soprattutto quella ideologica che fornisce un'infedele rappresentazione del dato contabile (Sez. 5, Sentenza n. 3115 del 17/12/2010).

Sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, Sentenza n. 21588 del 19/04/2010).

La mancata presentazione della dichiarazione dei redditi non integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, che è configurabile in relazione all'omessa tenuta di una scrittura contabile, e tale non può essere definita la dichiarazione dei redditi, solo qualora si dimostri che scopo dell'omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori. (In motivazione, la S.C. ha affermato che la dichiarazione dei redditi è rappresentativa di dati contabili accorpati e finalizzati alla tutela degli interessi fiscali dello Stato e non di fatti relativi all'organizzazione interna dell'impresa (Sez. 5, Sentenza n. 11279 del 16/02/2010).


Approfondimenti


1. Libri obbligatori, altre scritture contabili e fiscali

«Art. 2214 c.c. - Libri obbligatori e altre scritture contabili.

1. L'imprenditore che esercita un'attività commerciale devetenere il libro giornale e il libro degli inventari.

2. Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.

3. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori».

Riguardo alle scritture prettamente fiscali, occorre dire che l'art. 2208 L.F. punisce con la reclusione fino a diciotto mesi il fallito che non osserva gli obblighi imposti dall'art. 16 n. 3 ovvero il deposito delle scritture contabili e "fiscali" obbligatorie.

La bancarotta semplice o fraudolenta documentale riguarda invece i libri e le scritture - obbligatorie o c.d. relativamente obbligatorie come ad es. quelle previste dalla natura o dalle dimensioni dell'impresa - previste civilisticamente per cui i fatti aventi per oggetto le scritture fiscali non hanno rilevanza penale. Quindi, l'omesso deposito delle scritture "fiscali" obbligatorie può determinare esclusivamente il reato di cui all'art. 220 L.F., mentre l'omesso deposito delle altre scritture contabili potrebbe integrare il più grave reato di bancarotta fraudolenta documentale nel caso di sottrazione o distruzione delle scritture medesime, in ragione dell'omogeneità della struttura e dell'interesse sotteso ad entrambe le figure di reato, essendo la seconda più specifica in ragione dell'elemento soggettivo. Vi sarebbe cioè assorbimento secondo il principio del ne bis in idem sostanziale che fa divieto di attribuire due volte ad uno stesso autore un fatto che esprime una gravità unitaria sul piano normativo-sociale.

Residuerebbe in verità la possibilità teorica che la mancanza delle scritture previste a livello fiscale possa impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e per tale via costituire fatto penalmente rilevante ex art. 216 L.F.. Tuttavia, a parere di chi scrive, la regolare tenuta delle scritture civilisticamente previste è in grado di scongiurare tale eventualità.


2. Soggetti attivi

Un primo problema riguarda l'identificazione dei soggetti attivi. In proposito va ricordato che la legge fallimentare opera una distinzione tra reati commessi dal fallito (Titolo VI, Capo I) e reati commessi da persone diverse dal fallito (Titolo VI, Capo II)1, per cui, oltre all'articolo 216 L.F., andranno prese in esame anche altre disposizioni:


- l'articolo 222 L.F., che riguarda la bancarotta dei soci "illimitatamente" responsabili di società in nome collettivo e società in accomandita semplice (gli accomandatari, salvo il disposto dell'art. 2320 c.c.9);

- l'articolo 224 n.1 L.F., che riguarda i fatti di bancarotta semplice commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite;

- l'articolo 227 L.F., che riguarda i reati commessi dall'institore dell'imprenditore dichiarato fallito.

La ratio delle norme è quella di estendere l'ambito di applicazione delle disposizioni penali di cui al capo I del titolo VI anche a soggetti ai quali non pertiene la qualità di imprenditore.

2.1 Piccolo imprenditore

Il piccolo imprenditore a norma degli articoli 1 L.F. e 2221 c.c., non è soggetto alle disposizioni sul fallimento e quindi non può essere soggetto attivo dei reati fallimentari. In base al comma 3 dell'art. 2214 c.c. il piccolo imprenditore non è tenuto ad avere il libro giornale, il libro degli inventari e le altre scritture contabili. In tal modo egli risulta, a priori, escluso dalla possibilità di essere riconosciuto colpevole di bancarotta documentale (semplice o fraudolenta).

Varie questioni sono sorte dalla difficoltà di coordinamento tra le diverse definizioni di piccolo imprenditore contenute negli articoli 2083 c.c. e 1 comma 2 L.F.. Parte della dottrina sosteneva l'autonomia delle previsioni normative, mentre altri affermavano il carattere complementare dei due diversi disposti.

Il problema può dirsi ormai superato con la sentenza 570/89 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 comma 2 L.F. nella parte in cui prevedeva il criterio del capitale investito per accertare la qualità di piccolo imprenditore, pertanto deve riconoscersi:

a. l'unitarietà della nozione di piccolo imprenditore (siccome ricavabile dal solo articolo 2083 c.c.);

b. la sentenza dichiarativa di fallimento fa stato sulla qualità di imprenditore commerciale anche ai fini del reato di bancarotta fraudolenta documentale.

La definizione di piccolo imprenditore è prettamente orientata a definire le imprese che si trovano pressoché prive dell'organizzazione facendo affidamento prevalentemente sull'imprenditore e sui componenti della sua famiglia. Il Codice Civile ha tipizzato la figura in questione con la seguente disposizione:


Art. 2083 c.c. - Piccoli imprenditori.

«Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia».

Si può dire che quando la quasi totalità dell'attività è gestita dall'imprenditore stesso o dalla sua famiglia non serve un certo tipo di contabilità per gestire in modo efficace ed efficiente l'impresa. In tale ambito la tutela dei terzi può essere affidata alla fiducia ed alla personalità dell'imprenditore.

Quasi tutte le imprese individuali hanno le caratteristiche per essere qualificate come gestite da piccoli imprenditori obbligati alla sola contabilità richiesta dagli obblighi tributari.

2.2 Società di persone

Le società di persone che svolgono attività commerciale sono, invece, obbligate almeno alla tenuta e redazione del libro giornale e del libro inventari (art. 2214, comma 1, c.c.), non potendo rientrare nella definizione di piccolo imprenditore ai sensi dell'art. 2083 c.c..

Le società di persone sono passibili di fallimento (art. 147 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267) e, in tal caso, l'omessa tenuta dei registri contabili obbligatori può comportare sia la bancarotta semplice sia la bancarotta fraudolenta documentale.

Orbene, poiché l'obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili spetta all'imprenditore commerciale (cfr. articolo 2214 c.c.) e tale non è il socio a responsabilità illimitata, deve dedursi che questi non può essere chiamato a rispondere della omessa, irregolare o incompleta tenuta delle scritture contabili. Va ricordato altresì, che nelle imprese esercitate in forma societaria spetta agli amministratori tenere le scritture contabili previste dall'articolo 2214 c.c. (cfr. articolo 2302 c.c.), pertanto solo i soci "illimitatamente" responsabili che siano anche amministratori potranno rispondere della omessa o irregolare o incompleta tenuta dei libri e delle scritture contabili a norma dell'rticolo 216 in combinato disposto con l'articolo 223 n. 1 L.F.

2.3 Amministratori, liquidatori, direttori generali, sindaci, institori, prestanomi, imprenditori occulti

L'art. 2302 c.c. pone esclusivamente in capo agli amministratori l'obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili. L'eventuale ripartizione dei compiti all'interno del consiglio di amministrazione non esonera da responsabilità in caso di inadempimento. Un effetto parzialmente liberatorio ex art. 2381 può svolgere la delega di funzioni nell'ambito del consiglio di amministrazione.


L'amministratore estraneo alla gestione dell'azienda risponde del reato di bancarotta documentale per aver omesso, anche per colpa, di esercitare il controllo sulla regolare tenuta della contabilità poiché il fatto di essere mero prestanome comporta comunque l'assunzione del doveri di vigilanza e controllo ex art. 2392 c.c. Una tale affermazione riconduce la punibilità della bancarotta documentale a titolo di colpa, in netta contraddizione con quanto previsto dall'art. 42 c.p. comma 2; tuttavia, è ammessa dalla giurisprudenza per la bancarotta semplice documentale.

I liquidatori che subentrano agli amministratori rispondono limitatamente ai compiti di liquidazione del patrimonio sociale.


Nei confronti dei direttori generali non sono invece previsti obblighi relativi alla tenuta e al controllo dei libri contabili quindi vanno esclusi dal novero dei possibili soggetti attivi del reato, a meno che tra i compiti loro affidati non rientrino quelli relativi alla tenuta della contabilità e salvi casi di concorso nel reato: infatti, sono espressamente richiamati dall'art. 224 L.F. tra i soggetti cui possono essere applicate le pene previste dall'art. 217 L.F. se hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo (tra cui la bancarotta semplice documentale) o se hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

L'omissione o insufficienza del controllo, o la mancanza di adeguate iniziative, da parte dei sindaci si risolve in un concorso nel reato degli amministratori qualora il loro comportamento consenta il protrarsi delle irregolarità contabili. La responsabilità dei sindaci è quindi collegata all'omessa vigilanza (articolo 40 cpv. c.p.10) salvo nel caso in cui vengano a cessare l'amministratore unico o tutti i componenti del consiglio di amministrazione, ipotesi che fa scattare l'obbligo per il collegio sindacale di compiere gli atti di ordinaria amministrazione ex art. 2386 comma 5 c.c. e quindi una eventuale inerzia può determinare fatti penalmente rilevanti non in concorso ma per fatto proprio. Sembra del tutto ovvio che coloro che svolgono una determinata attività in modo professionale hanno l'obbligo di conoscere le norme civilistiche che concernono la tenuta della contabilità e pertanto possono rispondere dell'illecito anche in virtù di una colpa lieve.

Secondo parte della dottrina, anche l'imprenditore occulto (è tale, quello che invece di apparire come gestore dell'impresa, faccia agire con i terzi un'altra persona che si presenta come imprenditore) può fallire, di conseguenza anch'esso potrebbe essere accusato di bancarotta fraudolenta documentale.

Per quanto riguarda l'institore, l'articolo 227 L.F. afferma l'applicabilità delle pene preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 all'institore dell'imprenditore dichiarato fallito il quale si sia reso responsabile nella gestione affidatagli, dei fatti previsti nei citati articoli. Il rapporto di preposizione conferisce all'institore l'esercizio dell'impresa o di una sede particolare della stessa; da tale posizione derivano in capo all'institore taluni obblighi tra cui emerge quello di tenuta delle scritture contabili (cfr. articolo 2205 c.c.). Di conseguenza, l'institore può rispondere del delitto di bancarotta fraudolenta documentale relativamente alle scritture contabili che concernono la gestione affidatagli.


3. Tenuta della contabilità

Anche se l'omessa tenuta della contabilità determina dei rilievi penali solamente nel caso di fallimento, vi è da considerare il valore probatorio che le scritture potrebbero avere tra gli imprenditori. Ai sensi del 3° comma dell'art. 2215 c. c., il libro giornale e il libro degli inventari non sono più soggetti né a bollatura né a vidimazione, ma soltanto alla progressiva numerazione. La giurisprudenza della Cassazione afferma che le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore probatorio a favore dell'imprenditore che le ha redatte: qualora egli intenda utilizzarle nei confronti dell'altra parte ex art. 2770 c.c., le stesse scritture sono soggette al libero apprezzamento del giudice, al quale spetta stabilire - nei singoli casi - se e in quale misura siano attendibili e idonee, eventualmente in concorso con altre risultanze, a dimostrare la fondatezza della pretesa.

Viceversa, si consideri che ai sensi dell'art. 2709 i libri e le altre scritture contabili delle imprese "soggette a registrazione" fanno prova contro l'imprenditore, ma che, tuttavia, chi vuol trarne vantaggio non può scindere il contenuto.

L'art. 2219 ci dice che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.

Ai sensi dell'art. 2220 le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione. Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti. Le scritture e documenti possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.

Con il D.L. 29 novembre 2008, n. 185 è stato inserito l'art. 2215-bis c.c. il quale prevede che i libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell'impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici. In tal caso le registrazioni debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all'anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell'imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato. I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici hanno l'efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile.

Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio dell'impresa (articolo 2216 c.c.). Non è indispensabile che la singola operazione venga annotata il giorno stesso in cui essa avviene: un ritardo può essere tollerato a condizione che la contabilità si possa ritenere "aggiornata" e non ricostruita a posteriori. Prima di essere messo in uso, deve essere numerato progressivamente in ogni pagina come previsto dall'art. 2215 comma 3 c.c..

Le formalità previste dall'articolo 2215 c.c. e le prescrizioni relative alla tenuta, stabilite dall'articolo 2219 c.c., debbono essere osservate anche per il libro degli inventari. In esso vengono inseriti l'inventario da predisporsi all'inizio dell'esercizio dell'impresa e quelli successivi da redigersi anno per anno, con indicazione e valutazione delle attività e passività d'impresa. L'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite (articolo 2217 c.c.).

L'articolo 2214 cpv. c.c. richiede l'obbligatoria tenuta delle "altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa". A parte il caso in cui eventuali scritture siano imposte da leggi speciali, la determinazione delle scritture c.d. "relativamente obbligatorie" è rimessa all'interprete il quale dovrà fondarsi sulla natura e sulle dimensioni dell'impresa e dovrà altresì tener conto della prassi commerciale e contabile. La legge non esige una contabilità conforme alla più moderna tecnica della ragioneria, ma solo una contabilità che renda possibile accertare con speditezza la consistenza del patrimonio ed il movimento degli affari dell'imprenditore. In genere viene riconosciuta l'obbligatorietà in relazione alla natura e alle dimensioni dell'impresa, del libro mastro, del libro cassa, del libro magazzino e dello scadenzario degli effetti, pertanto la tenuta di queste scritture in modo difforme da quanto previsto dall'articolo 2219 c.c. potrà dar luogo a responsabilità penale ex articolo 216 L.F..

Mentre la determinazione del concetto di "scritture contabili prescritte dalla legge" è abbastanza agevole, altrettanto non può dirsi per le scritture contabili "relativamente obbligatorie". L'esatta individuazione delle scritture contabili che l'imprenditore deve tenere, ha importanti risvolti penalistici in materii errore:

1) un errore sulle "prescrizioni" contenute nell'articolo 2214 c.c. può definirsi come errore su legge extrapenale integrativa del precetto. Tale evenienza è disciplinata dall'articolo 5

c.p. per cui nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale;

2) l'errore che cade invece sulle altre scritture contabili che siano richieste dalla "natura e dalle dimensioni" dell'impresa, si configura come errore sul fatto perché l'individuazione degli ulteriori libri contabili discende da una valutazione circa i caratteri e le dimensioni dell'impresa. In tal caso si applica l'articolo 47 c.p. primo o terzo comma11, e quindi l'errore potrebbe escludere la punibilità dell'agente.

Come si vede, a seconda che si tratti di scritture "obbligatore" o "relativamente obbligatorie" non specificamente individuate dalla legge, si perviene a conclusioni opposte.

L'articolo 2214 cpv. c.c. prescrive anche che l'imprenditore debba conservare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Si discute se anche tali documenti, laddove abbiano natura contabile, possano costituire oggetto materiale del delitto di bancarotta documentale. L'opinione positiva è sostenuta dalla prevalente dottrina facendo leva su un'interpretazione letterale dell'articolo 2214 c.c.: tale norma, disciplinando anche queste forme di corrispondenza, porrebbe un obbligo di conservazione e di regolare tenuta delle medesime.

L'opinione negativa obietta invece che, seppur la legge civile impone l'obbligo di conservazione della corrispondenza contabile, questa non farebbe parte delle scritture contabili dalle quali andrebbe distinta.

Per tenuta si deve intendere sia l'attività di documentazione, sia quella di conservazione delle "scritture", pertanto sussiste omissione punibile sia nel caso di assoluta mancanza di un libro, sia nel caso di esistenza del libro in senso fisico, ma di mancata documentazione; in altri termini, il fatto di aver tenuto materialmente i libri, ma di non averli usati equivale, ai fini della legge penale, a non tenerli affatto; per quanto concerne la "corrispondenza contabile", rileva ovviamente solo l'omessa conservazione.



1 Art. 1 L.F. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.


Art. 2221 c.c. - Fallimento e concordato preventivo.

Gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti in caso di insolvenza alle procedure del fallimento e del concordato preventivo salve le disposizioni delle leggi speciali.

2 Art. 2195 c.c. - Imprenditori soggetti a registrazione.

Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione, nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:

1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un'attività bancaria o assicurativa;

5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano.


3 Art. 147 L.F. Società con soci a responsabilità illimitata

1. La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.


4 Art. 2214 c.c. - Libri obbligatori e altre scritture contabili.

1. L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.

2. Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.

3. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori

5 Art. 216 L.F. - Bancarotta fraudolenta

1. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

6 Art. 217 L.F. - Bancarotta semplice

1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:

(omissis)

2. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.


7 Art. 42 c.p. - Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva

2. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.


8 Art. 220 L.F. Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito -

1. È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all'art. 216, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49.

2. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.


Art. 16. Sentenza dichiarativa di fallimento - Il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell'articolo 14;

9 Art. 2320 c.c. - Soci accomandanti.

I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'articolo 2286.


10 Art. 40 c.p. - Rapporto di causalità

3. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.


11 Art. 47 c.p. - Errore di fatto

1. L'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell'agente.

2. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

3. L'errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso.

4. L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.


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