I chiarimenti della Cassazione sull'obbligatorietà della notifica della domanda di revoca o modifica della misura cautelare alla persona offesa

Avv. Chiara Nardi - La Cassazione ha chiarito che la notifica della domanda di revoca o modifica della misura cautelare personale alla vittima del reato è obbligatoria, a pena di inammissibilità dell'istanza, anche nei procedimenti per atti persecutori o maltrattamenti in famiglia.

L'obbligo di notificazione dell'istanza di revoca o modifica della misura cautelare

Come è ormai noto, attraverso la riforma operata dal d.l. 14 agosto 2013 n. 93, convertito dalla legge 15 ottobre 2013 n. 119, si è introdotto l'obbligo di notificazione alla persona offesa dei provvedimenti di revoca o modifica di una delle misure cautelari di cui agli articoli 282 bis, 282 ter, 283, 284, 285 e 286 c.p.p., applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona.

Tale previsione è evidentemente volta a consentire alla vittima di un reato commesso con violenza la partecipazione al contraddittorio, così da avere la possibilità di argomentare in ordine a eventuali motivi per cui la misura cautelare applicata non dovrebbe subire variazioni di sorta, inserendola in un "confronto" che in precedenza vedeva quali unici interlocutori il p.m., l'imputato e il giudice, con buona pace di chi il reato lo aveva subìto.

Diversamente, secondo il nuovo disposto dell'art. 299 comma 2 bis c.p.p., la revoca o la modifica della misura cautelare per mancanza, anche per fatti sopravvenuti, delle condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273, ovvero per il venir meno delle esigenze cautelari o perché essa non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, devono essere immediatamente comunicate, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio assistenziali e al difensore della persona offesa o, qualora quest'ultima non ne abbia uno, alla persona offesa direttamente.

Nell'eventualità in cui siano il pubblico ministero o l'imputato a chiedere al giudice la revoca o la sostituzione della misura cautelare, allorchè la richiesta non sia proposta in sede di interrogatorio di garanzia

, allora la notifica dovrà essere eseguita a cura della parte richiedente presso il difensore della persona offesa o, in mancanza, alla persona offesa direttamente, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o ad eleggere domicilio. Tale adempimento è previsto a pena di inammissibilità dell'istanza de libertate.

Il difensore e la persona offesa potranno, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'art. 121 c.p.p., contestando le avverse argomentazioni e chiedendo a loro volta la conferma della misura cautelare già applicata.

Anche laddove la richiesta di sostituzione della misura con altra meno gravosa intervenga successivamente alla chiusura delle indagini preliminari, la parte istante ha l'obbligo di notificarla alla persona offesa, salvo il caso in cui l'istanza sia stata avanzata in udienza, come chiarito dall'art. 299 comma 4 bis c.p.p.

In tal modo il legislatore ha finalmente incominciato a prevedere nuove tutele per la vittima, la quale, ancorchè direttamente interessata all'applicazione di una sanzione per il reato commesso, assume ancora oggi un ruolo piuttosto marginale nel processo penale, rimanendo in galleria da spettatrice ad osservare quanto avviene sul palco, con limitati poteri di intervento.

La rilevanza delle predette modifiche sotto tale profilo è evidente, avendo dato la possibilità alla persona offesa di tenersi aggiornata sulle evoluzioni dello status cautelare dell'indagato o imputato, offrendo all'Autorità Giudiziaria elementi di valutazione che si uniranno a quelli già prospettati dal pubblico ministero e dall'imputato.

Del resto, non si poteva non tener conto di quanto previsto nella Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 1°maggio 2011, ratificata con legge 77 del 2013, nonché dei principi contenuti nella direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25/10/2012 recante norme minime in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, attuata con d.lgs 15 dicembre 2015 n. 212, con cui si era inteso rafforzare la posizione della persona offesa nel procedimento penale.

Ambito applicativo

L'obbligo di notificazione sopra richiamato non sussiste, tuttavia, ogniqualvolta sia stata applicata una misura cautelare personale, bensì nelle sole ipotesi, come espressamente sancito dal comma 2 bis dell'art. 299 c.p.p., in cui si stia procedendo per reati commessi con violenza alla persona.

È proprio in questo caso infatti che la necessità di garantire alla vittima l'opportunità di apprestare preventivamente le proprie difese è più urgente.

Si pone dunque un problema di delimitazione del suo alveo applicativo, che coinciderà con l'identificazione di quei reati per cui si ritiene sussistere la violenza alla persona.

All'uopo, non si può prescindere dal chiarire cosa debba intendersi per violenza; definizione tutt'altro che agevole, vista la pluralità di declinazioni con cui questo termine è utilizzato.

Certamente si è assistito ad un progressivo ampliamento del concetto giuridico di violenza, grazie al quale si è definitivamente superata l'accezione tradizionale vis corpore corpori afflicta, per cui la sussistenza della violenza era inscindibilmente legata al dispiegamento della forza fisica, rilevando oggi anche quelle condotte che, sebbene non concretate in un aggressione fisica, sono comunque tali da incidere sulla libertà di determinazione del soggetto passivo, ponendolo di fatto in uno stato di soggezione.

Si è correttamente incluso nel campo semantico del termine violenza, quantomeno con riferimento alla sua accezione giuridica, ogni comportamento che esplichi una forza idonea a produrre una coazione personale e a vincere la resistenza di chi lo subisce.

È questo il percorso interpretativo che sembra essere più aderente alla voluntas legis laddove si parla di reati commessi con violenza alla persona, dovendosi dunque ricomprendere in tale classificazione tutte quelle fattispecie che contemplino violenza sia fisica che psichica.

In tal senso depone anche l'art. 33 della citata Convenzione di Istambul, che introduce una fattispecie relativa proprio alla violenza psicologica e, per di più, prevede all'art. 34 una figura di stalking incentrata soltanto sulle reiterate minacce che, pur non concretandosi in violenza fisica, producono nella vittima uno stato d'animo di continuo timore per la sua incolumità; anche questa è stata qualificata come violenza.

I procedimenti per i reati di stalking e maltrattamenti in famiglia

È sulla scorta delle considerazioni che precedono che la Corte di Cassazione ha tracciato delle linee guida per comprendere quando si debba procedere alla notifica obbligatoria alla persona offesa dell'istanza de libertate.

In particolare Cass. pen., sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 6864, ha aderito ad un principio già di recente affermato dalle Sezioni Unite (29/01/2016, Fossati) le quali, con riferimento all'obbligo di comunicazione di cui all'art. 408 comma 3 bis c.p.p. in tema di richiesta di archiviazione, hanno chiarito che il delitto di atti persecutori, c.d. stalking, è da intendersi incluso tra i delitti commessi con violenza alla persona e altrettanto deve dirsi per il delitto di maltrattamenti. Aderendo a tale posizione, dunque, anche la recente pronuncia n. 6864, in materia di notifica ex art. 299 c.p.p., ha compreso il delitto di stalking e quello di maltrattamenti in famiglia nei reati commessi con violenza.

Si prescinde dalle modalità di consumazione di tali reati, che non presuppongono necessariamente tra gli elementi costituti la sussistenza di violenza fisica, potendosi già parlare di condotta violenta allorquando si realizzi la compressione della libertà di autodeterminarsi della vittima tipica di queste fattispecie.

In particolare, il delitto di cui all'art. 612 bis c.p. addirittura non contiene alcun richiamo ad una condotta fisicamente violenta, prevedendo per la sua consumazione un comportamento di minaccia o molestia, tale da ingenerare nel destinatario un perdurante stato d'ansia e un fondato timore per l'incolumità propria o dei prossimi congiunti. La violenza in questo caso non può che essere rintracciata, viste anche le fonti internazionali sopra citate che hanno tracciato sul tema il percorso ermeneutico, in quello stato di soggezione psicologica che lacera la psiche della vittima in maniera costante e continua, impedendole di fare le proprie scelte in piena autonomia e libertà, senza il timore delle conseguenze.

Alla luce di tale interpretazione estensiva imposta dalla Corte di Cassazione, anche nei procedimenti per i reati di atti persecutori e maltrattamenti in famiglia si avrà l'obbligo di notificare alla persona offesa l'istanza di revoca o modifica della misura cautelare personale, sia prima della conclusione delle indagini preliminari che successivamente, come imposto dall'art. 299 c.p.p.

Avv. Chiara Nardi
Foro di Velletri
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