Per la Cassazione, basta il compimento senza titolo di atti attribuiti in via esclusiva agli iscritti per configurare il reato di esercizio abusivo della professione

di Valeria Zeppilli - Per esercitare la professione di avvocato occorre aver effettuato un percorso di preparazione dedicato e ben regolamentato, che si conclude con il superamento dell'apposito esame di abilitazione e l'iscrizione al relativo albo.

Se potrebbe sembrare cosa ovvia, in realtà non lo è poi così tanto!

Basi pensare che con la sentenza numero 9957/2016, depositata il 10 marzo (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione è dovuta intervenire a ricordare che chi, nonostante non sia iscritto all'albo, compia atti di competenza esclusiva degli avvocati commette il reato di esercizio abusivo della professione forense. Si pensi alla redazione e al deposito di note difensive, istanze di rinvio, atti di reclamo.

Nel caso di specie l'imputato aveva esercitato la professione non solo una volta, ma patrocinando diverse cause facendosi nominare formalmente difensore (con sottoscrizione della firma dei clienti) e agendo come un vero e proprio avvocato. Unico dettaglio: nessuna iscrizione all'albo.

Dinanzi alla condanna subita nei due gradi di merito, il "finto" legale le ha provate tutte, ricorrendo anche in Cassazione.

Senza contestare la veridicità dei fatti contestatigli, il ricorrente ha tentato di fare leva sul fatto che l'esercizio della professione non era organizzato e continuato e sul fatto che gli atti compiuti erano gratuiti e stragiudiziali, oltre che sulla circostanza che, a suo dire, egli non sarebbe stato informato del rigetto della sua istanza di iscrizione all'albo professionale.

I giudici di legittimità, però, non hanno reputato condivisibile nessuna di tali affermazioni.

Innanzitutto, infatti, l'esercizio abusivo della professione può concretizzarsi attraverso il compimento senza titolo di atti attribuiti in via esclusiva a una data professione, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente.

Inoltre, come evidenziato dalla Corte di appello, non poteva reputarsi vero il fatto che l'imputato non fosse a conoscenza della reiezione dell'iscrizione: in numerosi atti, infatti, egli si era lamentato della mancata iscrizione, anche attraverso apposite denunce penali.

Nessuno scampo per il falso avvocato: la condanna non può che essere confermata.

Corte di cassazione testo sentenza numero 9957/2016
Valeria Zeppilli

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