Confermata la condanna per il reato di abuso di mezzi di correzione per aver leso la dignità dei bambini con condotte umilianti e violenze psicologiche

di Marina Crisafi - Obbligare gli alunni a cantare, o a mangiare, sotto minaccia dell'arrivo di un diavoletto in caso di disobbedienza sono condotte che integrano, per l'insegnante, il reato di abuso di corruzione. È quanto ha affermato la Cassazione, con una sentenza depositata poco fa (la n. 9954/2016, qui sotto allegata), confermando la condanna a carico di una maestra per il reato di cui all'art. 571 del codice penale, annullando la decisione del giudice d'appello solo limitatamente al trattamento sanzionatorio.

Secondo le testimonianze di diversi genitori, la donna non solo tirava "scappellotti" ai propri alunni ma li obbligava a cantare e ad eseguire le altre attività in classe, terrorizzandoli sotto la minaccia dell'arrivo di un diavoletto che avrebbe fatto del male ai loro cari qualora non avessero obbedito e avessero raccontato a casa ciò che succedeva a scuola.

Per il Palazzaccio, a nulla valgono le doglianze della difesa secondo la quale non tutti i genitori avevano testimoniato circa i comportamenti anomali della donna. Anche perché "è fatto notorio che le reazioni dei bambini dinanzi ai comportamenti delle insegnanti sono diverse a seconda della loro sensibilità ed età, così come è noto che non tutti i bambini raccontano in casa ciò che avviene a scuola" e inoltre, molti genitori potevano "non essersi resi conto di nulla" soprattutto laddove i propri bambini non avevano subito abusi, perlomeno evidenti.

Ciò che conta, per i giudici di piazza Cavour è che la donna aveva posto in essere condotte umilianti e violenze psicologiche, commettendo abusi riconducibili "alla sfera di operatività dell'art. 571 c.p., a prescindere dalla metodologia utilizzata e dalle finalità perseguite, dovendosi ritenere che un siffatto comportamento ecceda ampiamente il limite dell'educazione rispettosa della dignità del bambino".

Per cui responsabilità penale confermata e parola al giudice del rinvio solo relativamente alla pena stabilita in due mesi di carcere oltre al risarcimento del danno.

Cassazione, sentenza n. 9954/2016

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