Recentemente la Cassazione e il CNF sono intervenuti a fugare alcuni dubbi sull'esonero dalla prova attitudinale
di Valeria Zeppilli - Le problematiche che si annidano attorno alla questione degli avvocati stabiliti, negli ultimi anni, si stanno presentando con sempre maggiore insistenza, data la crescente tendenza ad avvalersi di tale mezzo per poter esercitare la professione forense nel nostro paese.

Di una questione in particolare la Corte di Cassazione si è interessata proprio negli ultimi giorni, con la sentenza numero 5073/2016, pubblicata il 15 marzo (qui sotto allegata): quella della concessione della dispensa dalla prova attitudinale.

Secondo quanto precisato dai giudici, più in particolare, la possibilità per l'abogado di essere dispensato dalla prova attitudinale necessaria per iscriversi nell'albo ordinario sorge solo dopo che la professione forense sia stata esercitata per tre anni con il titolo professionale ottenuto in Spagna.

Su tali argomentazioni la Corte ha, nel caso di specie, respinto il ricorso di un professionista che, nonostante fosse divenuto avvocato in Spagna, in Italia aveva esercitato la professione come avvocato e non come abogado.

Non importa che il comportamento sia stato posto in essere in buona fede.

Sempre a proposito di dispensa dalla prova attitudinale, è interessante notare che anche il CNF si è occupato della questione non molto tempo fa, con un parere reso in proposito lo scorso 26 febbraio.

Il consiglio, nel dettaglio, ha chiarito un dubbio presentatogli dall'ordine degli avvocati di Milano, interessato a sapere se, ai fini dell'esonero dalla prova attitudinale per gli avvocati stabiliti, la dimostrazione dell'esercizio effettivo e regolare della professione possa essere fornita attraverso la produzione di atti in cui non figuri il nome del richiedente e con dichiarazioni di un altro legale abilitato con le quali sia attestata la reciproca collaborazione.

A tal proposito il CNF ha chiarito che la domanda con la quale è richiesto l'esonero dalla prova attitudinale può essere sostenuta anche da atti giudiziali in cui non figura il nome dell'avvocato stabilito. È tuttavia indispensabile che quest'ultimo ne abbia predisposto la redazione o abbia almeno partecipato alla stessa.

Ma i dubbi del consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano non finivano qui. Un'altra perplessità, infatti, riguardava il se sia possibile rilasciare la dispensa dalla prova attitudinale anche nel caso in cui l'avvocato stabilito non riesca a provare di aver svolto attività giudiziale o attesti, tramite fatture o diffide, di aver svolto attività solo stragiudiziale.

A tal proposito, il CNF ha chiarito che in nessuna disposizione legislativa è richiesto l'esercizio cumulativo di attività di natura sia giudiziale che stragiudiziale. Di conseguenza spetta ai consigli dell'ordine degli avvocati indagare se effettivamente l'avvocato stabilito abbia esercitato in Italia attività, anche stragiudiziali, idonee ad esonerarlo dalla prova attitudinale, in quanto ininterrotte e degne di rilievo.

Tra gli indici utilizzabili a tal fine, il consiglio nazionale forense ha inserito il numero di clienti, il giro di affari, la durata delle prestazioni e la loro frequenza e continuità.

Corte di cassazione testo sentenza numero 5073/2016
Valeria Zeppilli

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