In mancanza di adozione dei modelli organizzativi, per l'infortunio mortale paga anche la società
di Fulvio Graziotto - In mancanza di adozione dei modelli organizzativi, per l'infortunio mortale paga anche la società. E' questo in sintesi quanto affermato dalla Cassazione, nella recente sentenza n. 2544/2016. 

Il caso

Il Tribunale condannava l'amministratore unico e il direttore tecnico di una SRL, attiva nel settore edile, colpevoli del reato di omicidio colposo di un addetto (il lavoratore era morto in conseguenza delle lesioni riportate nel cantiere mentre era alla guida di un'autogru con il freno di stazionamento non funzionante). 

Dichiarava altresì la società, in persona del legale rappresentante, responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'art. 5 lett. a) e b) Decreto Legislativo n. 231/01, concessa la riduzione della sanzione ex art. 12 comma 2 lett. a) dello stesso decreto, comminando la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 80mila.

Avverso la suddetta sentenza proponevano impugnazione entrambi gli imputati, nonché la società, chiedendo in via principale l'assoluzione degli imputati dalle contestazioni ad essi mosse.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza impugnata.

Proponevano quindi ricorso per cassazione entrambi gli imputati persone fisiche, nonché la società. La società sosteneva che la condotta del legale rappresentante non era finalizzata o utile a un vantaggio dell'ente sociale, con la conseguente non configurabilità della responsabilità in capo alla società pur in mancanza di adozione dei modelli organizzativi previsti dal richiamato decreto legislativo.

La decisione

Nell'esaminare il ricorso, la Cassazione, con la sentenza

in commento, ricorda che il requisito dell'interesse dell'ente (sancito dall'art. 5 Decreto Legislativo n. 231/2001) sussiste anche in conseguenza di scelte dettate dall'obiettivo di risparmiare sui costi: con la mancata adozione della disciplina antinfortunistica, l'autore del reato ha consapevolmente violato le disposizioni sulla sicurezza per realizzare un interesse della società. Il vantaggio conseguito dalla società, invece, è rappresentato dal contenimento della spesa e una massimizzazione del profitto.

La Cassazione ha affermato che nei reati colposi d'evento, «il finalismo della condotta prevista dall'art. 5 D. Lgs. 231701 è compatibile con la non volontarietà dell'evento lesivo, sempre che si accerti che la condotta che ha cagionato quest'ultimo sia stata determinata da scelte rispondenti all'interesse dell'ente o sia stata finalizzata all'ottenimento di un vantaggio per l'ente medesimo».

Osservazioni

Sulla base di quanto precisato dalla Corte di legittimità, la responsabilità della società avrebbe potuto essere esclusa solo dando dimostrazione di aver adottato i modelli organizzativi e la vigilanza sulla loro applicazione da parte di un organismo autonomo.


Disposizioni rilevanti

DECRETO LEGISLATIVO 8 giugno 2001, n. 231

Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica

Vigente al: 22-2-2016

Art. 5 - Responsabilità dell'ente

1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Art. 12 -Casi di riduzione della sanzione pecuniaria

1. La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire duecento milioni se:

a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;

b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;

2. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.

4. In ogni caso, la sanzione pecuniaria non può essere inferiore a lire venti milioni.


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