La Suprema Corte ribadisce il proprio recente orientamento in materia

Avv. Michele Cannistraci - Il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di lavorare se il proprio datore omette di adempiere agli obblighi previsti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro?

La risposta a questo interrogativo arriva dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 836 del 19.01.2016.

Il caso da cui trae origine la pronuncia riguarda alcuni dipendenti, impiegati all'interno della catena di montaggio di un'azienda automobilistica, i quali, in seguito al verificarsi dell'ennesimo grave incidente, si erano rifiutati di proseguire la loro attività lavorativa, almeno sino a quando l'azienda datrice non avesse provveduto a mettere in sicurezza il luogo di lavoro.

Ad ogni modo, dopo un'ora e 45 minuti di sospensione, nel corso della quale erano stati compiuti interventi manutentivi urgenti, volti a ripristinare le condizioni di sicurezza nell'area produttiva, i lavoratori avevano nuovamente ripreso la propria attività lavorativa.

L'azienda, tuttavia, reputando l'astensione dei lavoratori uno sciopero, addebitava ai dipendenti la retribuzione pari al fermo di un'ora e 45 minuti, trattenendo, quindi, la corrispondente somma.

Dopo aver inutilmente adito il Giudice di Prime Cure, la Corte di Appello territoriale accoglieva il gravame proposto dei lavoratori, considerando legittimo il rifiuto della prestazione fatto dagli stessi, e condannando il datore di lavoro al pagamento delle somme indebitamente trattenute.

L'azienda, quindi, ricorreva in Cassazione.

La Suprema Corte, tuttavia, con sentenza n. 836 del 19 gennaio 2016, respinge il ricorso, confermando così la decisione del Giudice di Appello.

La Cassazione ha motivato il proprio rigetto ricordando, innanzitutto, che il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 2087 c.c., ad assicurare ai propri dipendenti condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni, nonché ad adottare tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, siano necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti stessi.

Ciò premesso, la Corte, quindi, ha precisato che la violazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi di sicurezza a lui imposti dall'art. 2087 c.c. legittima il lavoratore a rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa, eccependo l'inadempimento altrui, quale espressione del potere di autotutela contrattuale, il quale concorre, insieme alle azioni volte all'adempimento degli obblighi di sicurezza o alla cessazione di un comportamento lesivo, a rendere effettiva proprio la tutela apprestata alla salute del lavoratore sui luoghi di lavoro dall'art. 2087 c.c.

La Cassazione, dunque, nel confermare la sentenza di merito, ribadisce il proprio recente orientamento in materia, già affermato da ultimo con la sentenza n. 6631 del 2015, in ragione del quale, in caso di violazione, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c., "non solo è legittimo, a fronte dell'inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore".


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