Per tali ragioni infatti una parte si è vista dichiarata una doppia inammissibilità dell'impugnazione, sia in appello sia in Cassazione

di Valeria Zeppilli - Se l'avvocato vuole impugnare in appello una sentenza, non deve trascurare la data del deposito della stessa nella cancelleria del Tribunale. Ciò, ovviamente, se non ha eletto domicilio nel circondario dell'autorità competente

In tal caso, infatti, il rischio che corre è quello che il suo appello venga dichiarato tardivo. 

Questo è quanto accaduto a un legale che, ricorso anche alla Corte di Cassazione, si è visto dichiarata una doppia inammissibilità

In particolare, nel caso di specie, l'appello proposto dal ricorrente era stato dichiarato tardivo in quanto non aveva tenuto conto del fatto che la sentenza di primo grado era stata notificata in cancelleria, in assenza di elezione di domicilio della parte nel circondario del Tribunale. 

A tal proposito, la Corte di cassazione, con l'ordinanza numero 2133/2016 depositata il 3 febbraio (qui sotto allegata), ha infatti ricordato che, ai fini dell'impugnazione, la notifica della sentenza alla parte presso il procuratore costituito, anche se eseguita nel luogo ove questo debba ritenersi elettivamente domiciliato ai sensi dell'articolo 82 del r.d. n. 37/1934, è da considerarsi equivalente alla notifica al procuratore stesso

Inammissibile, poi, è stato dichiarato anche il ricorso per cassazione: secondo il ricorrente, infatti, il resistente, già appellato, avrebbe dovuto effettuare la notifica della sentenza di appello presso l'indirizzo pec del suo legale per la decorrenza anche di questo termine breve.

Ma dato che nel caso di specie tale legale non aveva indicato né il proprio indirizzo di posta elettronica certificata né il proprio numero di fax (requisiti indispensabili per rendere possibile la notificazione per tale via), le sue censure sono vane. 

Di conseguenza, anche in tale ipotesi la notifica in cancelleria (questa volta della Corte d'appello) deve ritenersi valida. 

Si segnala, in ogni caso, che si tratta di una vicenda anteriore al decreto semplificazioni n. 90/2014

Corte di cassazione testo ordinanza numero 2133/2016
Valeria Zeppilli

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