Anche se si è rifatto una nuova famiglia e contribuisce al mantenimento, il padre deve dedicare del tempo alle cure del figlio maggiorenne disabile

di Marina Crisafi - Non sono sufficienti il contributo economico o l'assistenza specializzata di infermieri e badanti: al figlio maggiorenne disabile servono le cure e l'affetto del genitore. Lo ha stabilito il Tribunale di Potenza, con una recente sentenza del 12 gennaio scorso (presidente Lanfranco Vetrone), disponendo che un padre, divorziato, che si era rifatto una vita con una nuova famiglia e un figlio minore, dedicasse i weekend liberi per accudire di persona il figlio sfortunato.

Il giovane, infatti, per i gravi problemi di salute è assimilabile a un bambino, e come tale, non è autosufficiente e bisognoso di cure che non possono essere sempre delegate all'assistenza specializzata, ha ritenuto il giudice, in quanto l'aiuto di infermieri o badanti non è fungibile con le premure dei genitori, dato il rapporto affettivo che caratterizza queste ultime.

Per cui, non è sufficiente il contributo economico per quanto congruo, giacché il ragazzo, ha spiegato il tribunale, ha il bisogno di sentire anche l'affetto del padre, e il diritto a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. E considerato che è la madre a farsi carico, giorno e notte, dell'accudimento del figlio, il genitore non collocatario deve fare altrettanto, seppur periodicamente e compatibilmente con i propri impegni lavorativi.

Confermata anche la misura dell'assegno, giacché il trattamento previdenziale percepito dal figlio (pensione di invalidità e indennità di accompagnamento) non implica di per sé il conseguimento dell'indipendenza economica e il contributo va valutato con riferimento alla possibilità, per lo stesso, di fruire del medesimo tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei propri genitori. Né sulla misura può influire, in peius, la nascita del figlio più piccolo dell'obbligato.


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