La Cassazione mette un punto sull'annosa questione

Abogado Francesca Servadei - Con sentenza del 12 gennaio 2016 le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto l'annosa questione riguardante l'arresto in "quasi flagranza". 

In un primo momento è d'obbligo soffermare l'attenzione sul concetto di flagranza, il quale, escludendo particolari indagini per la esistenza del reato e la corrispettiva individuazione del colpevole, si cristallizza in un preciso momento, ossia quando "chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa, o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato, immediatamente prima".  

Da ciò si desume, pertanto, che il concetto di flagranza si inscrive in un arco temporale molto ristretto, ossia subito dopo il reato, ovvero quasi contestualmente a quando il reo sia sorpreso con cose o tracce derivanti da reato. 

La giurisprudenza di legittimità nel corso degli anni ha avuto orientamenti contrastanti sull'argomento. 

Per la sentenza della V Sezione della Corte di Cassazione n. 3032 del 1999, la quasi flagranza non si verifica nel caso in cui l'inseguimento ad opera della Polizia Giudiziaria dell'indagato è iniziato a seguito di informazioni avute da terze persone. 

Tale orientamento è stato successivamente avallato da una cospicua giurisprudenza di Piazza Cavour, per esempio con la sentenza 17619/2004, pronunciata dalla IV Sezione, ovvero, la pronuncia num. 15912/ 2013 della IV Sezione della Suprema Corte ed un recente orientamento del 2014 con sentenza 43394 emessa dalla I Sezione della Cassazione. 

Di segno totalmente diverso, sono le pronunce per le quali la quasi flagranza consiste in uno stretto legame tra azione penalmente rilevante e limitazione della libertà alla luce del quale vi sia l'individuazione del colpevole mediante la continuità dell'attività di controllo svolta dagli agenti di sicurezza. 

Nello specifico, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza

n. 28246 del 2014, assunta dalla I Sezione, ha individuato lo stato di quasi flagranza nel caso in cui l'arresto si sia verificato non appena la P.G., ha avuto notizie del reato; è da aggiungere che, secondo tale pronuncia, il concetto di inseguimento, legato alla fattispecie della quasi flagranza, deve essere inteso in senso lato, ossia facendo rientrare accanto al semplice tallonamento anche l'attività di ricerca, eseguita prontamente, e non necessariamente conclusa, purchè prolungata senza un giudizio prognostico di continuità, facendo leva su ricerche ovvero informazioni avute dalla vittima. 

È lecito osservare che l'orientamento adottato si conforma a quello precedentemente espresso da altre pronunce della Suprema Corte (cfr., sentenze nn. 2738/1999; 4348/2003; 6916/2011), nelle quali è stato riconosciuto lo stato di quasi flagranza, e quindi l'intervento degli operanti nell'immediatezza del reato, sulla base di dichiarazioni rese da testimoni oculari e correi. 

Da quanto si evince, per molto tempo, è venuto a mancare un orientamento al quale potersi conformare e proprio tale lacuna ha spinto la V Sezione della Cassazione, con ordinanza n. 12282 del 2015, a chiedere lumi alle Sezioni Unite affinché potessero porre fine al contrasto giurisprudenziale. 

Tale orientamento è stato finalmente ottenuto con la sentenza in commento, alla luce della quale gli Ermellini hanno statuito che lo stato di quasi flagranza non può sussistere sulla base di informazioni fornite dalla vittima ovvero da terzi nella immediatezza del fatto. 

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