La Cassazione sintetizza la giurisprudenza comunitaria e di legittimità circa il perimetro dell'abuso del diritto
di Fulvio Graziotto - La Cassazione (sentenza n. 26060/2015), esaminando una contestazione dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di una società per una condotta che l'ufficio aveva ritenuto abusiva, sintetizza la giurisprudenza comunitaria e di legittimità circa il perimetro dell'abuso del diritto, ricordando che affinché si possa parlare di pratica abusiva, occorre che si verifichino due condizioni:

1) le operazioni controverse devono, nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni, procurare un "vantaggio fiscale" la cui attribuzione sia contraria all'obiettivo perseguito da queste disposizioni;

2) deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo "scopo essenziale" dell'operazione controversa è l'ottenimento di detto vantaggio fiscale.

Infatti, il fenomeno abusivo deve iscriversi nell'ambito delle sole condotte lecite (non violative di prescrizioni normative) e non occulte (essendo realmente diretta la volontà dei contraenti "abusivi" alla produzione degli effetti giuridici previsti dalla legge) che consentono di perseguire legalmente il risultato fmale previsto. Ma esaminiamo gli aspetti più in dettaglio.

Il caso

La questione riguardava un'operazione di leasing finanziario intercorsa tra la società italiana concedente, e la società germanica dello stesso gruppo, utilizzatrice, ed avente ad oggetto l'aeromobile poi da quest'ultima concesso in godimento ad altra società italiana.

Per l'Ufficio tale schema era funzionale ad evitare l'applicazione dell'Iva che la contribuente avrebbe dovuto versare all'erario qualora il leasing finanziario fosse stato stipulato direttamente con la società italiana: ciò costituiva una fittizia triangolazione del contratto di locazione dell'aeromobile.

La decisione

Per i giudici di appello non era da escludersi una potenziale utilizzazione del complesso schema operativo al fine esclusivo di realizzare un indebito vantaggio fiscale, ma nel caso concreto l'ufficio finanziario non aveva fornito la necessaria prova. Pertanto, i giudici territoriali respingevano l'appello principale ritenendo che la tesi dell'ufficio, secondo cui l'operazione di leasing finanziario intercorsa tra la società italiana, concedente, e la società germanica dello stesso gruppo, utilizzatrice, ed avente ad oggetto l'aeromobile poi da quest'ultima concesso in godimento all'altra società italiana, era funzionale ad evitare l'applicazione dell'Iva che la contribuente avrebbe dovuto versare all'erario qualora il leasing

finanziario fosse stato stipulato direttamente con la società italiana, non aveva fondamento giuridico, in quanto, all'ufficio non era consentito qualificare diversamente i contratti stipulati dalle parti prescindendo dalla effettiva volontà dei contraenti.

In aggiunta, l'anteriorità della stipula del contratto di locazione tra la società italiana e quella tedesca rispetto a quella del contratto di leasing "infragruppo" non faceva venire meno la differente causa (finanziaria, in un caso; di godimento, nell'altro) di detti schemi negoziali ben potendo le parti subordinare la efficacia del primo contratto alla stipula del secondo.

L'agenzia fiscale impugna la sentenza di appello deducendo il vizio di insufficiente (primo motivo) e di omessa (secondo motivo) motivazione ex art. 360, co l, n. 5, c.p.c.

Sostiene la parte ricorrente che il riferimento contenuto in sentenza ad una illegittima "riqualificazione giuridica" dei negozi intercorsi tra le parti, ad opera dell'ufficio, era del tutto errato in quanto nei gradi di merito l'amministrazione finanziaria aveva inteso denunciare la condotta della contribuente che veniva a rivestire i connotati dell'"abuso del diritto".

Ma l'agenzia non individua affatto quali puntuali statuizioni della CTR verrebbero ad essere inficiate dal vizio di insufficienza logica, ed in particolare non individua - quanto al vizio di omessa motivazione- la assoluta discrasia tra gli elementi probatori prescelti e valutati dal giudice come rilevanti e quelli invece che sarebbero stati tralasciati nel giudizio di selezione e ponderazione delle prove.

Il giudice tributario ha avuto ben presente la questione sottoposta dall'ufficio finanziario, in quanto nello "svolgimento del processo" della sentenza di appello ha riferito che l'ufficio appellante, al fine di sostenere "la fittizia triangolazione del contratto di locazione dell'aeromobile", aveva depositato in giudizio un precedente della medesima CTR del Lazio in cui veniva affermato che l'unico ruolo svolto dalla società tedesca "era quello di fornire un utile schermo al fine di evitare scientemente l'imposta dovuta in Italia".

Osserva la Cassazione che spetta, in via esclusiva, al giudice di merito, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, pertanto non è sindacabile per vizio di motivazione la sentenza di merito che abbia adeguatamente e logicamente valorizzato le circostanze ritenute decisive e gli elementi necessari per chiarire e sorreggere la "ratio decidendi" Ne consegue che risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa) e che le censure concernenti vizi di motivazione devono indicare quali siano i vizi logici del ragionamento decisorio e non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

La giurisprudenza comunitaria

Secondo la giurisprudenza comunitaria (la cui elaborazione della figura dell'abuso del diritto tributario in ambito di tributi armonizzati è stata recepita dalla giurisprudenza di legittimità ed estesa anche ai tributi non armonizzati), perché si possa parlare di pratica abusiva, occorre che si verifichino due condizioni.

Da un lato, le operazioni controverse devono, nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un "vantaggio fiscale" la cui attribuzione sia contraria all'obiettivo perseguito da queste disposizioni.

Dall'altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo "scopo essenziale" dell'operazione controversa è l'ottenimento di detto vantaggio fiscale (v., in tal senso, Corte Giustizia sentenza 21.2.2006, causa C-255/02, Halifax pie, punti 74 e 75; id. sentenza in data 21.2.2008, causa C-425/06, Part Service sx.1., punto 58; id. sentenza in data 27.10.2011, causa C-504/10, Tanoarch s.r.o., punto 52; id. sentenza in data 22.3.2012, causa C-153111, Klub 00D; id. sentenza in data 20.6.2013, causa C-653/11, Newey, punto 46).

Devono infatti ritenersi escluse dalla nozione di abuso del diritto in materia tributaria - secondo la costante giurisprudenza comunitaria - le ipotesi di condotte illecite fraudolente od anche soltanto simulatorie, in quanto il fenomeno abusivo deve iscriversi nell'ambito delle sole condotte lecite (idest: non violative di prescrizioni normative) e non occulte (essendo realmente diretta la volontà dei contraenti "abusivi" alla produzione degli effetti giuridici previsti dalla legge) che consentono di perseguire legalmente il risultato finale previsto, ad esempio attraverso l'uso indiretto del negozio od il collegamento negoziale od anche eventuali deroghe negoziali allo schema tipico dei contratti o commistioni tra discipline negoziali differenti (che collocano il rapporto nella sfera dei negozi atipici o misti rimessi all'esercizio della autonomia privata) o, ancora, il frazionamento, in autonomi contratti, di prestazioni unitariamente riconducibili ad un medesimo schema negoziale tipico, dovendo inoltre ravvisarsi il connotato della abusività della condotta, nel risultato finale, da valutarsi secondo un criterio oggettivo elusivo dell'imposizione fiscale, ottenuto all'esito dell'operazione negoziale, risultato che viene raggiunto dalle parti "costruendo" l'operazione economica in modo da "destrutturare" il fatto giuridicamente rilevante altrimenti integrante il presupposto d'imposta previsto dalla norma impositiva.


Le disposizioni

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 ottobre 1972, n. 633

Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

Vigente al: 13-1-2016

Art. 54 - Rettifica delle dichiarazioni

L'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti un'imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. L'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis . Le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

L'ufficio può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell'articolo 51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso.

COMMA ABROGATO DAL D.L. 30 SETTEMBRE 2005, N.203 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 2 DICEMBRE 2005, N. 248.

Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall'articolo 57, i competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all'articolo 51, secondo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell'anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l'esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l'imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante , nonché l'imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi di cui all'articolo 54-bis, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Le disposizioni di cui al comma precedente possono trovare applicazione anche con riguardo all'accertamento induttivo del volume di affari, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, della legge 27 aprile 1989, n. 154, e successive modificazioni, tenendo conto dell'indicazione dei motivi addotti dal contribuente con le modalità di cui al comma 1 dello stesso articolo 12. (54)

Gli avvisi di accertamento parziale possono essere notificati mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. La notifica si considera avvenuta alla data indicata nell'avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario ovvero da persona di famiglia o addetto alla casa.

Gli avvisi di accertamento parziale sono annullati dall'ufficio che li ha emessi se, dalla documentazione prodotta dal contribuente, risultano infondati in tutto o in parte.


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. Vigente al: 13-1-2016

TITOLO IV - ACCERTAMENTO E CONTROLLI

Art. 37-bis

ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 5 AGOSTO 2015, N. 128


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