L'incombenza non appare 'indispensabile' potendosene occupare la madre, i parenti o soggetti terzi al nucleo familiare

di Lucia Izzo - Nessun "permesso" di accompagnare la figlia a scuola per il padre sottoposto agli arresti domiciliari: il giudice, per concedere l'autorizzazione ad assentarsi dal luogo di detenzione ex art. 284, comma terzo, c.p.p., deve compiere una valutazione particolarmente rigorosa dandone conto nella motivazione dei relativo provvedimento. 

L'esigenza non risulta "indispensabile" se è possibile incaricare dell'incombenza altri familiari o eventualmente incaricare una baby sitter. 


Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sez. VI Penale, nella sentenza n. 553 datata 8 gennaio 2016  (qui sotto allegata).  

Il ricorrente, sottoposto a misura cautelare per diverse violazioni della legge sugli stupefacenti, chiede di potersi allontanare dal luogo degli arresti domiciliari per accompagnare la figlia minore negli spostamenti da casa a scuola, e viceversa. 


La pretesa dell'uomo, tuttavia, non appare fondata. 


A norma dell'art. 284, comma 3, c.p.p., "se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa".


Gli Ermellini evidenziano che dal disposto normativo si evince la natura eccezionale dell'autorizzazione, poiché questa deroga ad una misura che il giudice della cautela ha ritenuto adeguata e necessaria a fronteggiare i pericula libertatis, seppur temperata rispetto a quella carceraria. 


Quindi la sussistenza delle "indispensabili esigenze di vita" deve essere "ancorata a situazioni obbiettivamente riscontrabili, nelle quali si renda necessario, dunque non solo opportuno, per la vita del soggetto ristretto agli arresti domiciliari consentire l'allontanamento, non potendo questi fare aliunde fronte all'esigenza di vita rappresentata". 


Nel caso di specie non risultano tali "indispensabili esigenze di vita": l'istante non ha documentato un'impossibilità assoluta dell'altro genitore di riorganizzare gli orari di lavoro, pertanto ben potrebbe la madre essere d'ausilio in tal senso. 

Altra soluzione praticabile sarebbe quella di avvalersi di parenti o conoscenti oppure, addetti di servizi sociali o baby-sitter: difatti, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, l'incarico di accompagnare un minore a scuola non si connota in termini di così tale delicatezza da non poter essere delegato a terzi estranei al nucleo familiare, come avviene per un numero assai rilevante di famiglie italiane. 


Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 

Cass., sez. VI penale, sent. 553/2016

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