La sostanza non era presente negli elenchi del Ministero della Sanità prima del 2006

di Lucia Izzo - Il fatto non è previsto dalla legge come reato: cade la pena a 2 anni di reclusione e 2000 euro di multa nei confronti dell'uomo ungherese condannato per trasporto ed importazione di 29 chili di sostanza stupefacente, denominata Khat.

La sostanza in sequestro (Chada Edulis Pinata), pianta originaria dell'Africa orientale e diffusa nella penisola arabica, contiene un alcaloide dall'azione stimolante, che causa stati di eccitazione e di euforia, e che provoca forme di dipendenza, ma nel caso di specie non può essere considerata come stupefacente.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione, sez. VI Penale, nella sentenza n. 7/2016 (qui sotto allegata).

Gli Ermellini liberano da ogni accusa l'imputato condannato il 1° aprile 2014 per il reato di trasporto ed importazione di Khat commesso l'11 gennaio 2014.

Ciò avviene, spiegano i giudici, in quanto, "a seguito della dichiarazione d'incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, pronunciata con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014" deve essere esclusa la rilevanza penale di condotte poste in essere a partire dall'entrata in vigore di detta legge e fino all'entrata in vigore del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, che "abbiano avuto ad oggetto sostanze stupefacenti incluse nelle tabelle solo successivamente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo novellato dalla citata legge n. 49 del 2006".

In pratica, nonostante la sostanza definita Khat (catha edulis) rientri nelle tabelle predisposte con la riforma del 2006 e sia stata reinserita in esse dalla novella del 2014, questa "non risultava indicata specificamente negli elenchi appositamente predisposti dal Ministero della Sanità prima della riforma del 2006".

La stessa Corte di Cassazione in alcuni precedenti (tra le altre, Sez. 4, n. 20907 del 18/04/200) ha escluso che la "catha edulis", pur contenendo in sé il principio attivo tabellato "catina", potesse considerarsi in se stessa soggetta alla normativa sanzionatoria.

Da ciò deriva inevitabilmente l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Cass., Vi sez. penale, sent. 7/2016

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