Via libera dei giudici amministrativi a una maison di moda circa l'uso del terrazzo per eventi e ricevimenti con gli appositi gazebi e arredi

di Lucia Izzo - Ammissibile l'utilizzo dei terrazzi come spazi architettonici aperti e agibili, utilizzabili nei modi e con i titoli abilitativi previsti per tali porzioni immobiliari.

La comune esperienza, infatti, dimostra che le coperture orizzontali degli edifici in città (laddove non siano richieste protezioni con tegole o strutture spioventi) vengono normalmente utilizzati come terrazze, ad esempio come stenditori condominiali, o con usi anche temporanei con opportuni arredi.

Il Consiglio di Stato (sezione sesta) con sentenza n. 177/2015 (qui sotto allegata) del 21 gennaio 2015, ha su queste basi accolto l'appello di una nota maison d'abbigliamento.

Il Comune di Roma aveva ordinato la rimozione di alcuni gazebi prefabbricati, oggetto di denuncia di inizio attività (oggi SCIA) ritenuta inammissibile per opere da realizzare sul lastrico solare dell'edificio, che non sarebbe stato oggetto di condono quale terrazza.

La ricorrente evidenzia l'utilizzabilità in senso pieno di un terrazzo non solo come mero lastrico solare, con conseguente possibilità per la proprietà di ospitare eventi ed effettuare ricevimenti. Infatti, si aggiunge, "mentre il lastrico solare, al pari del tetto, assolve esclusivamente la funzione di copertura dell'edificio, il terrazzo calpestabile ha, invece, la funzione di un accessorio destinato a fornire ulteriore utilità e godimento a servizio delle porzioni immobiliari di cui è parte", con attinenza "allo ius utendi e non già allo ius aedificandi".

Il Collegio ritiene di accogliere le doglianze attoree, giudicando sintetiche le ragioni con cui la sentenza appellata ha accolto le ragioni dell'amministrazione comunale che neppure risultano idonee a qualificare l'area di cui si discute quale terrazza o mero lastrico solare.

Come sostenuto addirittura dallo stesso Comune resistente, una simile qualificazione si desume non solo da elementi architettonici, distinguibili ad occhio nudo, ma anche da elementi strutturali e progettuali (ovvero parapetti e caratteristiche costruttive, tali da rendere la superficie idonea al "sostegno ed alla sosta delle persone").

Affermando ciò, l'Amministrazione Comunale ha di fatto escluso che siano dettate precise disposizioni regolamentari, di carattere urbanistico-edilizio, che consentano di individuare al riguardo ulteriori parametri rilevanti.

I Giudici, evidenziano che l'accatastamento dell'intero edificio, effettuato nel 1939, ha indubbio rilievo nella parte in cui qualifica come "terrazza" la superficie del sesto piano, peraltro individuando sulla stessa la presenza di una serra, oltre alla scala di accesso, nonché ad un locale definito "ascensore e cabina acqua".

A ciò si aggiunge una perizia tecnica del 2013 che ha mostrato la presenza di parapetti in muratura e ferro battuto, che appaiono di buona fattura, con ulteriore affermazione, contenuta nella predetta perizia, di una elevata capacità portante del solaio in questione, per un carico variabile da 350 a 500 Kg/mq, corrispondente a c.d. "folla compatta".

Di nessun rilievo, inoltre, appaiono gli argomenti (riferiti all'accatastamento effettuato nel 1939) circa l'assenza dell'apposito "talloncino" di riscontro, che manca in realtà non solo per il piano (sesto) di copertura del palazzo, ma anche per il piano terra, nonché per i piani primo, secondo, terzo e quinto.

D'altronde, aggiungono i giudici del Consiglio di Stato, l'accatastamento è una classificazione di ordine tributario, che fa stato a quegli specifici fini, senza assurgere a strumento idoneo - al di là di un mero valore indiziario - per evidenziare la reale destinazione d'uso di singole porzioni immobiliari e della relativa regolarità urbanistico-edilizia.

Il ricorso è accolto e gli atti impugnati in primo grado annullati.

Consiglio di Stato, sent. 177/2015

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