La Cassazione ammette la riprovevolezza della condotta del coniuge, ma non c'è la prova che sia stata decisiva nel fallimento del matrimonio

di Marina Crisafi - Non si può dar luogo ad alcun addebito della separazione al marito per lo schiaffo dato alla moglie se non c'è la prova che il suo comportamento, certamente riprovevole, abbia determinato l'intollerabilità della convivenza. Lo ha sancito la sesta sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 24473/2015, depositata ieri (qui sotto allegata), rigettando i ricorsi di entrambi i coniugi, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, revocava le dichiarazioni di addebito e disponeva un assegno per la moglie, oltre all'assegnazione della casa coniugale (poiché affidataria dei figli e con essi convivente) e al contributo al mantenimento della prole.

Quanto all'addebito alla moglie, richiesto dal marito, per il Palazzaccio, non si può neanche prendere in considerazione, non avendo lo stesso fornito alcuna indicazione sul nesso di causalità che avrebbe comportato l'intollerabilità della convivenza.

Analogamente, quanto all'addebito al marito, richiesto dalla ricorrente incidentale, pur se è pacifica l'esistenza dello schiaffo alla moglie, "si tratta sicuramente di un comportamento riprovevole che costituisce violazione degli obblighi matrimoniali", hanno affermato gli Ermellini, ma anche in tal caso non si danno indicazioni specifiche sul rapporto tra tale comportamento e l'intollerabilità della convivenza.

Né possono trovare accoglimento le lamentele della donna sulla mancata ammissione, da parte del giudice di merito, di prove che avrebbero indicato il comportamento del marito, "variamente ripetuto, offensivo e riprovevole nei suoi confronti". La stessa ricorrente, infatti, non riporta nel giudizio, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., né il contenuto dei capi di prova, né allega al ricorso l'atto processuale nel cui ambito i capi di prova erano stati dedotti, facendo solo riferimento ad "ulteriori circostanze e documentazione" che evidentemente la Cassazione non può prendere in considerazione.

Per cui nessun addebito può avere luogo nei confronti del marito. E confermate anche le altre statuizioni di merito, in ordine all'assegnazione della casa coniugale, al mantenimento della prole e all'assegno alla donna, la cui attribuzione ha chiarito la S.C. "va comunque correlata alla possibilità e al dovere da parte sua di integrarlo con lavori quali quello di guida turistica". E se tale lavoro, "in futuro non si limitasse ad essere saltuario", il marito, ha concluso la Corte, potrà chiedere una modifica dell'importo o eventualmente l'esonero.

Cassazione, ordinanza n. 24473/2015

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