Si tratta di un diritto futuro e la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla

di Sestilio Staffieri - Un lavoratore di una ditta privata, in seguito ad un accordo transattivo col datore di lavoro, aveva firmato una rinuncia ai diritti spettantegli dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Successivamente, valutata non conveniente l'operazione, impugna tale accordo per farne dichiarare la nullità. La Corte territoriale ha ritenuto valida tale rinuncia. Non la pensa così la Suprema Corte, che, con la recente sentenza n. 23087/2015, in tal modo ritiene vulnerato il principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, quindi la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, secondo comma, e 1325 cod. civ., per mancanza dell'oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l'accantonamento delle somme già effettuato.

La considerazione che non era ancora maturato il diritto alla liquidazione del TFR, essendo il lavoratore ancora in servizio al momento dell'atto di disposizione, è determinante ai fini della soluzione della questione, giacché per lo scrutinio di legittimità e validità della rinuncia, non basta l'accantonamento delle somme già effettuato, in quanto il diritto non è ancora entrato nel patrimonio del soggetto e quindi l'eventuale rinuncia prima della cessazione del rapporto di lavoro è nulla per mancanza dell'oggetto, come sopra specificato.

Sestilio Staffieri - ssestilio@yahoo.it

Cassazione, sentenza n. 23087/2015

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