Dimezzato l'originario importo della sanzione di quasi un milione di euro dopo il ricorso al Tar

di Marina Crisafi - Ammonta a oltre mezzo milione di euro la sanzione che l'Antitrust ha inflitto al Consiglio Nazionale Forense per le limitazioni alla libera concorrenza degli avvocati.

Si chiude così la vicenda iniziata nell'ottobre 2014, con una maxi-sanzione di 912mila euro al Cnf, (leggi: "Tariffe forensi: maximulta da oltre 912mila euro al CNF per le limitazioni alla libera concorrenza"), ritenuto colpevole di aver perpetrato (e continuato) due condotte restrittive: l'aver ipotizzato quale illecito disciplinare la richiesta di compensi inferiori ai minimi tariffari (cfr. circolare n. 22-C/2006) e l'aver ostacolato la pubblicità dell'attività professionale tramite il canale AmicaCard che evidenziava la convenienza economica delle prestazioni offerte (parere n. 48/2012).

Il Cnf aveva proposto ricorso al Tar del Lazio, il quale aveva parzialmente accolto le doglianze, non condividendo in particolare l'assunto dell'Authority, secondo cui l'aver ripubblicato la circolare n. 22-C/2006, sul proprio sito internet, rappresentasse la volontà (anticoncorrenziale e dunque sanzionabile) da parte del consiglio di reintrodurre l'obbligo dei minimi tariffari.

Per cui, a detta del Tar, il quantum della sanzione andava rivisto, tenendo conto anche della durata e non solo della gravità dell'infrazione. Il giudice amministrativo rimetteva quindi all'autorità il compito di rideterminare l'ammontare della multa, ferma restando comunque l'illegittimità della condotta del consiglio relativamente all'utilizzo dei canali digitali per pubblicizzare le prestazioni professionali. Condotta alla quale peraltro il Cnf sta già riparando con la rimodulazione dell'art. 35 del codice deontologico (leggi: "Avvocati: cambia il codice deontologico. Via libera alla pubblicità con ogni mezzo"). 

Alla luce di quanto avvenuto, pertanto, l'Antitrust ha ricalcolato l'importo definitivo, riducendolo a 513mila euro.


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