Per la Cassazione, il presupposto per l'assegnazione è l'esigenza di conservare l'habitat che ha costituito il centro di aggregazione della famiglia

di Marina Crisafi - Nessuna assegnazione della casa coniugale all'ex moglie, collocataria dei figli, se l'immobile non è mai stato abitato dalla famiglia. Lo ha stabilito la sesta sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 22581/2015 depositata ieri (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di una donna separata dal marito che impugnava la sentenza della corte d'appello di Roma di rigetto dell'istanza di assegnazione della casa coniugale.

Il giudice di merito (confermando la decisione del giudice di prime cure) aveva affidato la figlia minore ad entrambi i genitori, disponendo la residenza presso la madre, fissato a carico del marito un assegno di mantenimento di 2mila euro a favore dell'ex e della bambina (mille euro cadauno) e negato l'assegnazione della casa coniugale di proprietà esclusiva dell'uomo.

La donna, però, era di diverso avviso e adiva la Cassazione lamentando che la casa era stata acquistata con denaro comune e destinata ad abitazione della famiglia, cosa di fatto impedita dall'ex marito che il giorno prima del trasferimento nel nuovo appartamento aveva abbandonato lei e la figlia portando con sé anche le chiavi.

Per gli Ermellini, tuttavia, ha ragione la corte di merito.

Il rigetto della domanda di assegnazione della casa di proprietà

esclusiva del marito - hanno affermato infatti - "che pacificamente non è mai stata adibita ad abitazione del nucleo familiare, è coerente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui l'assegnazione della casa familiare prevista dall'articolo 155-quater c.c., rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità".

Per cui, ricorso respinto e donna condannata al pagamento delle spese di lite.

Cassazione, ordinanza n. 22581/2015

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