Se vi è verità, correttezza formale e interesse pubblico, è esclusa la diffamazione e i post possono restare li dove sono

di Valeria Zeppilli - Sul mondo dei social network la giurisprudenza scrive una pagina nuova ormai quasi ogni giorno, essendo pressoché quotidianamente chiamata a regolamentare i rapporti che si svolgono in questo nuovo mondo virtuale.

E così ha fatto recentemente anche il Tribunale di Roma, con un'ordinanza pubblicata dalla prima sezione civile.

Il caso sottoposto all'attenzione del giudicante riguardava, questa volta, un post scritto da un imprenditore su Facebook e vari social network e blog, nel quale egli accusava pubblicamente un suo cliente di non averlo pagato

Il Tribunale, interessato della questione da parte del debitore, che chiedeva la cancellazione d'urgenza dell'accusa pubblica, ha chiarito che il post in questione costituisce un legittimo esercizio del diritto di cronaca/critica e rispetta i requisiti di verità, correttezza formale e interesse pubblico che ne escludono il carattere diffamatorio.

Infatti, il mancato pagamento da parte del cliente è emerso incontestabilmente in giudizio; le opinioni espresse non sono risultate né offensive né volgari e non hanno indotto ad accostamenti suggestivi; l'interesse pubblico alla diffusione della notizia è indubbio. 

Oltretutto nel caso di specie, il giudice non ha mancato, per mera completezza, di evidenziare che il cliente moroso non è neanche riuscito a provare, se non tramite generiche allegazioni, in cosa sarebbero concretamente consistiti i danni all'onore e al decoro personale che assumeva di aver subito. 

I post, quindi, restano dove sono. 

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Valeria Zeppilli

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