Novità ed esempi pratici sulle regole dettate dalla riforma ex d.l. n. 83/2015

di Marina Crisafi - La riforma intervenuta quest'estate, con il d.l. n. 83/2015 e relativa legge di conversione, ha introdotto diverse e sostanziali novità in materia di pignoramenti di pensioni e stipendi modificando il limite "storico" fissato dall'art. 545 c.p.c. e individuando (in rialzo) sia le soglie di impignorabilità della pensione in generale che quelle di stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente pignorato (leggi: "Riforma giustizia: il pignoramento di stipendi e pensioni").

Facciamo il punto sulle nuove disposizioni e su come operano in concreto i nuovi limiti:

L'impignorabilità dell'assegno sociale

Presupposto su cui fa "leva" la riforma è quello dell'individuazione delle soglie di impignorabilità sulla base dell'assegno sociale, ossia di quella parte della pensione (o dello stipendio, assegno o indennità) necessaria per assicurare al soggetto i mezzi adeguati alle esigenze di vita.

La novella legislativa chiarendo sul punto la normativa vigente, che ha visto anche l'intervento della Consulta (cfr. Corte Cost. n. 506/2002) ha stabilito dunque le somme (corrispondenti, a seconda dei casi all'importo dell'assegno sociale aumentato della metà o di tre volte) che, rappresentando l'esigenza minima vitale per un individuo, proprio in ragione del loro carattere assistenziale, sono assolutamente impignorabili.

L'importo dell'assegno sociale è stato fissato dall'Inps per il 2015 nella misura pari a 448,52 euro per tredici mensilità per un totale di euro 5.830,76 euro annui.

Il "nuovo" pignoramento della pensione

Con riferimento al pignoramento delle pensioni, l'art. 13 del d.l. n. 83/2015 ha introdotto un nuovo comma all'art. 545 c.p.c. prevedendo che "le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale

, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge".

Ne deriva che la parte di pensione, pari ad una volta e mezzo la misura dell'assegno sociale, sarà assolutamente impignorabile, rimanendo invece assoggettato al pignoramento, nei limiti del quinto, l'importo residuo risultante dalla differenza tra la somma globale del trattamento e quella corrispondente all'assegno sociale aumentato della metà.

Esempio pratico: Se una persona percepisce una pensione di 800 euro al mese, il limite impignorabile sarà pari 672,78 euro (pari all'assegno sociale di 448,52 euro aumentato della metà), pertanto, a poter essere pignorata sarà soltanto la somma eccedente, ossia 127,22 euro, ma non per l'intero, bensì nei limiti del quinto, quindi euro 25,44.

Il "nuovo" pignoramento del conto corrente

Per quanto concerne stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente bancario o postale intestato al debitore, prima della riforma di cui al d.l. n. 83/2015, il pignoramento poteva essere effettuato nella misura del quinto se notificato al datore di lavoro o all'ente previdenziale, ovvero integralmente sulle somme depositate se notificato alla banca (o alle poste).

Ad opera delle modifiche apportate dal d.l. n. 83/2015 con l'ulteriore nuovo comma di cui all'art. 545 c.p.c., scattano, invece, nuovi limiti al minimo vitale impignorabile e viene introdotta una fondamentale distinzione:

- se le somme sono state accreditate in data anteriore al pignoramento, possono essere pignorate per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale;

- se invece l'accredito è avvenuto alla stessa data del pignoramento o successiva, le somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma dell'art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge, derogando così al principio secondo cui il limite del quinto valeva soltanto quando il terzo pignorato era il datore di lavoro o l'ente previdenziale.

Esempio pratico: Per pensioni e stipendi accreditati sul conto corrente bancario o postale del debitore prima del pignoramento, se l'importo è pari a 1.400 euro, l'importo non pignorabile sarà pari a 1345,56 (448,52x3) e dunque la base pignorabile sarà pari a 54,44 euro (interamente pignorabile).

Per pensioni e stipendi accreditati sul conto corrente bancario o postale del debitore alla data o dopo il pignoramento, se l'importo è pari ad euro 1.400, l'importo non pignorabile sarà pari ad euro 672,78 (corrispondente all'assegno sociale aumentato della metà) e la base pignorabile sarà pari a 727,22 (nei limiti del quinto, ossia ad euro 145,44).


Violazione dei nuovi limiti ed efficacia temporale

La riforma ha previsto inoltre precise conseguenze processuali se il creditore agisce in violazione dei nuovi limiti imposti, andando a pignorare somme superiori a quelle determinate. In tal caso, infatti, per le somme eccedenti le soglie prefissate e dunque impignorabili, il pignoramento si considera (parzialmente) inefficace, con inefficacia rilevabile dal giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio.

Quanto all'applicazione delle norme enunciate, esse trovano attuazione immediata anche per i procedimenti già pendenti alla data dell'entrata in vigore del decreto ossia dal 27 giugno scorso.


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