La bambina potrà così veder rafforzato il legame con gli altri fratelli che hanno il cognome paterno

di Lucia Izzo - Se un figlio viene riconosciuto in un momento successivo dal padre, il suo cognome potrebbe essere modificato anteponendo quello paterno a quello materno.

Difatti, l'art. 27, primo comma, lett. c), del d.lgs 28/12/2013 n. 154, ha stabilito che "il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre".

A ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza (anche costituzionale, v. sent. n. 297/1996) è la prima sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17976/2015 (qui sotto allegata).

A ricorrere dinnanzi ai giudici di legittimità è la madre di una bambina riconosciuta successivamente dal padre, alla quale il giudice territoriale decideva di aggiungere il cognome paterno anteponendolo a quello materno (inizialmente assunto come cognome unico a causa del mancato riconoscimento).

Argomentavano i giudici d'appello che l'assunzione del cognome paterno avrebbe giovato alla minore al fine di favorire, anche nella collettività sociale di appartenenza, il suo inserimento nel contesto familiare paterno e, quindi, la sua percezione di essere componente, a pieno titolo, oltre che della famiglia materna, anche di quella del padre in posizione paritaria con i fratelli.

Sulla scia di tale argomentazione, precisano gli Ermellini che i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale.

La scelta del giudice in tal senso è ampiamente discrezionale, priva di automatismi, e non può essere condizionata né dal favor per il patronimico o per un prevalente rilievo della prima attribuzione, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante da alcune alle diverse regole che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio legittimo.

Il giudice di seconde cure ha fatto corretta applicazione del principio dell'interesse esclusivo della figlia, con una congrua valutazione che ha tenuto implicitamente conto della ridotta forza identificatrice del cognome della madre, data la tenera età della minore, e valorizzando ragionevolmente l'ulteriore esigenza di rafforzamento del legale della minore con gli altri figli del padre che portavano il di lui cognome.

Il ricorso della donna è pertanto rigettato.

Cass., I sez. civile, sent. 17976/2015

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