La percezione visiva concorre in maniera determinante all'attribuzione di un significato diffamatorio alla pubblicazione a mezzo stampa
di Valeria Zeppilli - Anche la presentazione grafica e le fotografie contribuiscono a rendere diffamatorio un articolo.

Il limite della continenza cui soggiace il diritto di cronaca, infatti, va riferito non solo al contenuto dell'articolo ma a tutto il contesto espressivo in cui questo è inserito.

La percezione visiva, in sostanza, concorre in maniera determinante all'attribuzione, da parte del pubblico dei lettori, di un significato diffamatorio alla pubblicazione a mezzo stampa, in quanto idonea a fuorviare i lettori più frettolosi.

Su tale presupposto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 17198/2015, depositata il 27 agosto (qui sotto allegata), ha cassato la decisione impugnata dinanzi ad essa, con rinvio alla Corte d'appello al fine di procedere a una nuova valutazione della portata diffamatoria dell'articolo incriminato.

Si trattava, nel dettaglio, di un articolo relativo a un magistrato, pubblicato su un giornale di rilevanza nazionale, nel quale il testo era stato "improvvidamente e scientemente accostato" a una foto di un soggetto ammanettato perché coinvolto in uno scandalo finanziario noto a livello nazionale, con il rischio di ingenerare nei lettori il falso convincimento che i guai di questo fossero associati al protagonista del pezzo.

Mentre per la Corte d'appello la circostanza che, solo leggendo l'articolo, si sarebbe potuto superare la falsa suggestione ingenerata a primo impatto nei lettori, i giudici della Cassazione si orientano in direzione opposta e, considerando che spesso i lettori di quotidiani, specie se a tiratura nazionale, si limitano a una lettura frettolosa e poco approfondita, non ritengono opportuno circoscrivere il limite della continenza cui soggiace il diritto di cronaca al solo contenuto dell'articolo: anche titoli, sottotitoli, presentazione grafica e fotografie sono in grado di intaccare detti confini e possono contribuire a rendere un pezzo diffamatorio.



Corte di cassazione testo sentenza numero 17198/2015
Valeria Zeppilli

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