Revirement della Suprema Corte sulla previsione di cui all'art. 275-bis c.p.p.

di Marina Crisafi - Non può subordinarsi la concessione dei domiciliari alla disponibilità del braccialetto elettronico. Lo ha stabilito ieri la Cassazione, con la sentenza n. 35571/2015 (qui sotto allegata), operando un netto revirement rispetto agli orientamenti precedenti, anche recenti (leggi: "Cassazione: La polizia non dispone di braccialetto elettronico? L'imputato resta in carcere").

Nella vicenda finita sotto la sua lente, riguardante un imputato

cui il tribunale della libertà aveva revocato il carcere sostituendolo con la meno afflittiva misura dei domiciliari subordinata però all'applicazione del "braccialetto", il Palazzaccio ha infatti stabilito che "la previsione di cui all'art. 275-bis c.p.p., introdotta dal d.l. n. 341/2000, art. 16, convertito dalla l. n. 4/2001, stabilendo che il giudice nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare possa prescrivere, in considerazione della natura e del grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, l'adozione di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di controllo, non introduce una misura coercitiva ulteriore, rispetto a quelle elencate negli artt. 281 ss. C.p.p., ma unicamente una condizione sospensiva della custodia in carcere, la cui applicazione viene disposta dal giudice contestualmente agli arresti domiciliari
e subordinatamente al consenso dell'indagato all'adozione dello strumento elettronico. Ne deriva che il suddetto braccialetto rappresenta una cautela che il giudice può adottare, se lo ritiene necessario, non già ai fini della adeguatezza della misura più lieve, vale a dire per rafforzare il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione ma ai fini del giudizio, da compiersi nel procedimento di scelta delle misure, sulla capacità effettiva dell'indagato di autolimitare la propria libertà personale di movimento, assumendo l'impegno di installare il braccialetto e di osservare le relative prescrizioni".

Il principio è il medesimo dell'orientamento sinora seguito, ma le conclusioni cui approda il Supremo Collegio sono diverse.

Se il giudice, infatti, decide di adottare la meno afflittiva misura del braccialetto elettronico, al fine di testare la capacità dell'imputato di autolimitarsi con l'impegno dell'installazione del dispositivo, vuol dire che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure diverse dal carcere, a prescindere dal braccialetto, del quale quindi si può anche fare a meno. Questo il ragionamento seguito dalla Suprema Corte, che compie, dunque, un netto cambio di rotta, rispetto al passato.

Sino ad oggi invece i giudici erano stati sordi alle doglianze relative al fatto che la maggiore libertà non potesse dipendere dalle esigenze di spesa della P.A. E la stessa Cassazione, da ultimo, nella sentenza n. d anzi la stessa cassazione, da ultimo nella sentenza n. 520/2015 aveva affermato che del resto, non "può pretendersi che lo Stato predisponga un numero indeterminato di braccialetti elettronici, pari al numero dei detenuti per i quali può essere utilizzato, essendo le disponibilità finanziarie dell'Amministrazione necessariamente limitate, come sono limitate tutte le strutture (carcerarie, sanitarie, scolastiche, etc.) e tutte le prestazioni pubbliche offerte ai cittadini, senza che ciò determini alcuna violazione del principio di eguaglianza e degli altri diritti costituzionalmente tutelati".

A nulla erano valse sinora le denunce avanzate in merito dall'Osservatorio carceri dell'Unione camere penali che da tempo lamentava l'illecita e incostituzionale disparità di trattamento tra le migliaia di detenuti in carcere, in lista d'attesa causa "esaurimento scorte" e coloro che invece erano arrivati prima ed avevano potuto lasciare la galera.

Ma ora, per la S.C., il paletto fissato per l'imputato che doveva restare in carcere "fino all'avvenuta positiva verifica delle condizioni per l'installazione" del braccialetto elettronico, e cioè finchè l'amministrazione della giustizia non si trova in condizione di applicare un dispositivo funzionante "senza che in alcun modo possa sindacarsi i tempi di un tale approntamento" è un'anomalia che va rimossa.

Così l'imputato, senza braccialetto in dotazione, si è visto aprire le porte del carcere. E la sentenza è destinata, probabilmente, a spianare la strada della scarcerazione a molti altri.

Cassazione, sentenza n. 35571/2015

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