I soggetti titolari di potere disciplinare hanno l'obbligo di far osservare al medico i doveri deontologici e professionali verso pazienti e colleghi.

di Lucia Izzo - Non integra reato di ingiuria il verbale redatto da colleghi o superiori che contesti il comportamento del medico in quanto irrispettoso verso i pazienti e il personale. 


Nel caso in esame, si tratta di una nota redatta da tre medici (nella qualità di Direttore dell'Area Gestione del Personale, Direttore Generale della ASL Bari e Direttore Sanitario) nei confronti di un medico chirurgo odontoiatrico in servizio presso la ASL del quale si contesta il comportamento e si richiede la sospensione dal servizio.


Per i colleghi la condotta del ricorrente è stata in più occasioni contraria all'arte medica e di disdoro per la classe medica: prestazioni approssimative nei confronti dei pazienti del presidio, comportamento aggressivo ed inviti a rivolgersi ad altre strutture mentre, nel corso delle visite, il medico leggeva il giornale o compilava cruciverba, sono solo alcune delle critiche mosse al collega, a cui si aggiunge la sua scarsa produttività e l'aver instaurato rapporti "disrelazionanti" con il personale medico e non.


La quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sent. 35022/2015 (qui in allegato), ha rigettato il ricorso del medico, confermando la ricostruzione prospettata dai giudici di merito i quali avevano ritenuto che le espressioni contenute nella nota non potessero fondare una condanna per ingiuria.


La nota disciplinare, secondo gli Ermellini, promana da soggetti effettivamente titolare di poteri disciplinari nei confronti del ricorrente ed ha per oggetto non un singolo e specifico episodio, ma un comportamento protrattosi nel tempo e punteggiato dalla violazione di numerose norme deontologiche e professionali.


Infatti, a seguito delle denunce di molti assistiti, il suddetto medico fu anche sottoposto ad un "questionario di personalità" denominato MMP2 e ne fu richiesta dal responsabile una visita specialistica psichiatrica.

Tutto ciò a contribuito a confermare l'inadeguatezza del medico rispetto alla funzione esercitata, che ha provocato alla struttura sanitaria disservizi e disagi nei pazienti, nonché nei colleghi e nel personale ausiliare.


I giudici della Corte precisano che sussiste non solo il diritto del medico allo svolgimento della prestazione lavorativa e alla tutela della sua salute e personalità morale, ma anche il diritto dei pazienti ad essere curati da un professionista, e "il dovere di adottare comportamenti rispettosi di regole deontologiche e professionali". Ciò i superiori hanno l'obbligo di far rispettare, quanto al diritto, e far osservare, quanto al dovere.


Pertanto, nessuna eccedenza rispetto allo scopo della nota si riavvisa nel linguaggio adoperato dagli autori, funzionale a perimetrare l'accusa, rappresentando "fatti" che, anzi, sarebbero potuti essere descritti in maniera meno sintetica, puntualizzando cause ed effetti delle condotte e delle regole violate.  


A nulla rilevano le considerazioni del ricorrente circa la non adozione, in passato, di alcun provvedimento disciplinare definitivo di recesso, giacché le incolpazioni e le imputazioni non diventano illegittime per il fatto che non siano seguite da provvedimenti punitivi

Neppure rileva il fatto che i comportamenti risalenti non siano mai stati contestati o sanzionati in precedenza, poiché la potestà disciplinare non riceve legittimità dal fatto di essere preceduta da iniziative analoghe o antecedenti, i quali semmai rilevano per l'incolpato mostrando la persistenza dell'illecito


Per tali ragioni, la Corte dichiara inammissibile il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Cass., V sez. penale, sent. 35022/2015

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