Nota di commento alla sentenza del Tar Lombardia, Milano, n. 643 del 13 marzo 2014

Avv. Francesco Pandolfi -  Nel momento in cui si adotta un provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile uso caccia, chi viene colpito da tale decisione ha l'onere di verificare da un lato la propria estraneità al fatto contestato o comunque l'irrilevanza del fatto in se, dall'altro la condotta dell'Amministrazione che deve essere necessariamente "proporzionata". 

Si perché è sempre possibile che questa ecceda gestendo il proprio potere, finendo così per emettere un provvedimento abnorme nei confronti del titolare del porto d'armi

C'è da dire che le norme impongono alla P.A. un monitoraggio stringente delle vicende che interessano ogni singolo titolare: ma questo è un fatto che non può e non deve trasformarsi in un diniego immotivato, ma spingere verso un'analisi accurata ed impersonale della situazione. 


Dare un giudizio su chi ha il porto di fucile: il metro di valutazione della P.A.


Il Tar Lombardia, con la sentenza n. 643 del 13.03.2014, illustra i criteri che debbono informare la P.A. nel momento in cui si appresta a ponderare la condotta del titolare di licenza.

Lo fa approfittando di una particolare fattispecie ove il ricorrente impugna il provvedimento prefettizio con cui è stato respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento del Questore, avente ad oggetto la revoca della licenza di porto di fucile uso caccia.

Tale provvedimento gli è stato irrogato a seguito di una contravvenzione stradale quando, sottoposto al test alcolemico, risulta positivo alle due prove.


Ora, interpretare il singolo ed isolato episodio come "carenza di buona condotta", come tale valido motivo per la revoca, è sembrato al Tar francamente eccessivo.

Quello che invece ci si deve aspettare dalla Pubblica Amministrazione è la formulazione di una prognosi attendibile, seguendo alla lettera il dettato delle norme poste a presidio sia della pubblica incolumità sia dei diritti del titolare del porto d'armi.


In buona sostanza:

a) il pericolo di abuso delle armi deve essere provato e non semplicemente ipotizzato,

b) il pericolo di abuso richiede la valutazione globale della personalità del soggetto sospettato,

c) non è conforme a diritto il giudizio negativo espresso su un singolo episodio che abbia comportato un'infrazione,

d) una denuncia all'Autorità giudiziaria non è dirimente per una valutazione prognostica sfavorevole a danno del titolare della licenza.


Cosa fare quindi in caso di revoca?


Sulla base dei criteri sopra richiamati, proporre ricorso con l'aiuto di un difensore tecnicamente preparato nella specifica materia, chiedendo alla P.A. di rimuovere il pregiudizio rappresentato dall'impossibilità di svolgere l'attività venatoria.


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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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