Il concetto di causalità del processo civile non coincide con quello presente in sede penale

Avv. Eraldo Quici - In tema di responsabilità del professionista sanitario per i danni cagionati al paziente, è necessario determinare il nesso causale intercorrente tra la condotta del medico e l'evento lesivo subìto.

Un primo orientamento giurisprudenziale, remoto, asseriva che detto nesso era individuabile attraverso il criterio di probabilità statistica: in forza delle nozioni di medicina legale, è possibile stabilire che ad un dato antecedente probabilmente consegue uno specifico evento dannoso.

Il criterio di probabilità statistica è stato abbandonato a seguito di un'importante pronuncia da parte della Corte di Cassazione in sede penale. Le SS.UU. della S.C., con la sent. 30328 dell'11/09/2002 (sent. Franzese), hanno sancito che nel reato colposo omissivo improprio il nesso di casualità tra la condotta e l'evento deve essere verificato in base ad un giudizio di alta probabilità logica.

In sostanza, in forza di tale pronuncia, si è stabilito che il legame tra condotta omissiva e danno non può essere dedotto in modo automatico dall'indice di probabilità espresso dalla legge statistica, dato che il giudice deve verificare il nesso in riferimento al caso concreto e sulla base delle circostanze del fatto. Soltanto mediante questo ragionamento, il giudice può affermare che la condotta omissiva è stata la conditio sine qua non dell'evento con un elevato grado di credibilità razionale: è questo il senso del criterio della probabilità logica, il quale presuppone una specifica valutazione di tutte le risultanze processuali, come, ad es., le massime di esperienza comune e le circostanze del caso (età, sesso e condizioni generali del degente).

La predetta interpretazione del secondo comma dell'art. 40 c.p. è stata ab origine accolta anche dalla giurisprudenza civile: significativa in tal senso è la sent. 4400 del 04/03/2004 della III Sezione Civile della Corte di Cassazione. La decisione de quo, emessa in materia di responsabilità omissiva del medico, statuisce che anche in sede civile valgono i principi già espressi in ambito penale: il cd principio della probabilità logica, secondo i giudici civili, conferisce un maggior livello di certezza rispetto al criterio della probabilità statistica.

Negli anni successivi, tuttavia, la Cassazione Civile ha preso sempre più le distanze dalla decisione "Franzese", rivendicando criteri di accertamento del nesso causale meno severi. Difatti, con la sent. 11755 del 19/05/2006, la Cassazione, sottolineando la doverosa autonomia del processo civile rispetto a quello penale, ha evidenziato che i livelli di accertamento del nesso causale sono meno rigorosi, posto che un giudizio di tipo probabilistico può arrestarsi su soglie poco elevate di valutazione del fatto.

Ad eliminare ogni dubbio sull' adozione del criterio di probabilità statistica in campo civile, sono intervenute le Sezioni Unite della S.C. con due rilevanti decisioni.

La prima, la sent. 21619 del 16/01/2007, ha statuito che il concetto di causalità del processo civile non coincide con quello presente in sede penale, poiché il nesso causale nel primo ambito si caratterizza per l'elemento della probabilità relativa; in sostanza, nel processo civile, il nesso causale risponde alla regola del "più probabile che non". Con la sent. 581 dell'11/01/2008, le SS. UU. hanno ancor di più illustrato la natura del nesso causale operante in sede civile in tema di responsabilità medica. Il sanitario, reo di aver cagionato danni al paziente, risponde soltanto delle conseguenze derivanti dalla propria condotta, ma solo di quelle che appaiono prevedibili in base ad una valutazione ex ante ed in astratto. Tale accertamento va però fondato sulle regole statistiche che la scienza può indicare in un dato momento storico. In campo penale, al contrario, l'accertamento del nesso di causalità si fonda sul principio dell' "oltre ogni ragionevole dubbio", giustificandosi così l'adozione del più rigoroso criterio della probabilità logica.

La giurisprudenza di legittimità ha affrontato anche il problema della presenza, oltre che della condotta negligente del medico, di ulteriori concause naturali dell'evento lesivo. Rispetto ad un risalente orientamento, (da ultima, Cass. Civ., sent. 975 del 16/01/2009), l'attuale giurisprudenza ritiene che, se a determinare il danno a carico del paziente sia intervenuta anche una causa naturale (o un caso fortuito), possono prospettarsi due soluzioni tra loro alternative: o l'evento è da imputarsi totalmente alla causa naturale, oppure è ascrivibile solo alla condotta negligente del professionista sanitario (Cass. Civ., sent. 15991 del 21/07/2011). In forza di tale tesi, si è abbandonata l'ipotesi, in cui il giudice, anche mediante il ricorso a criteri equitativi, possa ripartire e quantificare la parte di danno da attribuire all' una ed all' altra causa.

L'evoluzione giurisprudenziale appena delineata consente infine di affermare che nell' individuazione del nesso causale condotta del medico/evento dannoso a carico del paziente, vi è stato il passaggio da una visione più scientifica (e rigorosa), ad una più giuridica ed elastica.

Avv. Eraldo Quici - www.eraldoquici.it - mail: eraldoquici@gmail.com

Vedi anche: La regola del 'più probabile che non' (La regola della probabilità relativa. La separazione tra causalità civile e causalità penale).


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