La condotta scorretta dell'opponente danneggia sia la parte ingiustamente coinvolta che il sistema giudiziario nel suo complesso

di Lucia Izzo - Agire in opposizione a un decreto ingiuntivo con la consapevolezza di non aver alcuna prova delle proprie asserzioni è elemento valido per condannare l'opponente non solo al pagamento delle spese di lite, ma anche al risarcimento dei danni

Simile ipotesi di responsabilità aggravata è prevista dall'art. 96 c.p.c., il quale precisa al primo comma che "se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza".

Il Tribunale di Padova con la sentenza n. 482/2015 (qui sotto allegata) ha provveduto ad applicare la disciplina richiamata al caso di un'opposizione a decreto ingiuntivo proposta da due attori avverso il provvedimento emesso a favore di una società che aveva fornito materiale in occasione di una manifestazione organizzata dal Comune di Badia Polesine. 

Gli attori disconoscevano la firma posta sulla fattura dal legale rappresentante, eccependo di non aver mai ricevuto la merce indicati nei documenti fiscali prodotti in via monitoria.

Il giudizio del Tribunale non si è però limitato al riscontro della manifesta infondatezza dell'opposizione, in considerazione dei numerosi riscontri documentali di opposto tenore rispetto alle generiche doglianze degli attori. 

Il Giudice ha sindacato anche la (s)correttezza del comportamento processuale tenuto dalle parti opponenti, i quali "hanno agito in giudizio pur consapevoli di essere privi di qualsiasi prova delle loro asserzioni", introducendo nel procedimento eccezioni processuali manifestamente infondate e contraddicendo la propria condotta pre-processuale e processuale, il tutto con finalità meramente dilatorie delle giuste ragioni di credito della convenuta opposta.

L'art. 96 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69/09, al comma terzo permette al giudice di sanzionare simile comportamento scorretto non solo su richiesta di parte, ma anche d'ufficio poiché, rileva il Tribunale "con tale riforma il legislatore ha inteso introdurre una forma di 'punitive damages' in considerazione del danno arrecato al sistema giudiziario" che, nella sua complessità, si ritrova già gravato da numerosi procedimenti pendenti "per cui l'aggravamento del carico complessivo con procedimenti introdotti per finalità strumentali e dilatorie è un comportamento abusivo che merita di essere adeguatamente sanzionato con il pagamento di una somma equitativamente individuata". 

Affinché la sanzione possa dirsi equa, tale somma è stata dal giudice individuata nel quintuplo delle spese di lite, avendo lo scopo di ristorare "sia il danno arrecato alla parte ingiustamente coinvolta" nel procedimento, "sia il danno arrecato al sistema giudiziario nel suo complesso per l'aggravio di cause", in quanto l'aumento incontrollato del contenzioso ha da tempo superato "quanto si possa esigere in termini di produttività da un singolo giudice".

Tribunale di Padova, sent. 482/2015

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