La Suprema Corte con sentenza 12447/2015 chiarisce che i ritardi dovuti all'astensione del legale non sono imputabili all'organizzazione giudiziaria

Nel determinare l'indennizzo per la irragionevole durata dei processi, occorre escludere dal calcolo i ritardi dovuti ai rinvii che il difensore ha richiesto per aver aderito all'astensione dalle udienze.

E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12447/15 depositata il 16 giugno, spiegando il rinvio dovuto all'astensione dei difensori dalle udienze "non è in sé imputabile all'organizzazione giudiziaria, risultando, all'evidenza, riferibile ad una consapevole scelta del difensore".  Per questo tale ritardo va addebitato "alla parte rappresentata che si dolga dell'irragionevole durata del processo nel quale la detta astensione è avvenuta".

Nel caso di specie un cittadino aveva richiesto l'indennizzo per l'eccessiva durata di un giudizio di opposizione all'esecuzione che era iniziato nel 2003 e si era concluso in Cassazione dopo circa 9 anni e mezzo.

Sta di fatto però che alcuni rinvii delle udienze non erano giustificati da esigenze difensive e che oltretutto dalla durata complessiva del processo si doveva anche detrarre il tempo intercorso tra il deposito della sentenza di primo grado e la proposizione dell'impugnazione.


A conti fatti l'indennizzo era stato notevolmente ridimensionato dai giudici della Corte territoriale ed era stato determinato in una somma di Euro 2.693,83.

Nel ricorso per Cassazione la parte contestava i conteggi fatti dalla Corte d'Appello evidenziando che non vi era stato alcun intento dilatorio delle parti dato che i rinvii rispondevano ad esigenze difensive come quelli determinati dall'adesione del difensore all'astensione delle udienze.


Nel ricorso per Cassazione si contestava anche l'avvenuta detrazione del tempo intercorso tra il deposito della sentenza e la proposizione dell'impugnazione.


Tutte argomentazioni che non hanno trovato il favore dei giudici della Cassazione che hanno quindi confermato i calcoli fatti dalla corte d'appello.

Cassazione Civile, testo sentenza n. 12447/2015

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