Le modifiche apportate dalla legge 69/2015. Al pubblico ufficiale è equiparato l'incaricato di un pubblico servizio
La legge anticorruzione (L. n. 69/2015 pubblicata in G.U. il 30 maggio 2015) recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio", mira ad un inasprimento del trattamento repressivo e sanzionatorio dei reati contro la P.A., in particolare per quanto riguarda i delitti di corruzione, concussione e peculato

Dal punto di vista processuale la legge va a toccare anche norme riguardanti la sospensione condizionale della pena, il patteggiamento e le pene accessorie.


Come già segnalato in questo portale (v. Ok della Camera al Ddl anticorruzione: la riforma è legge) la disciplina sanzionatoria vede aumentare le pene minime e massime per numerosi illeciti, tra cui i reati di corruzione per l'esercizio della funzione (ora 1 - 6 anni di reclusione), propria (6 - 10 anni), in atti giudiziari (6 - 12 anni), per induzione (6 - 10 anni e 6 mesi), per un atto contrario ai doveri di ufficio (6 - 10 anni), nonché i reati di abuso d'ufficio (1 - 5 anni) e peculato (4 - 10 anni e 6 mesi).

Per quanto riguarda il reato di concussione, la nuova legge estende il novero dei soggetti perseguibili, così al pubblico ufficiale è equiparato in tal senso anche l'incaricato di un pubblico servizio "che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità" (art. 317 c.p.).

Per incaricati di pubblico servizio devono intendersi quei soggetti che a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio ossia un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma con la mancanza dei poteri tipici di quest'ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (art. 358 c.p.)

Si tratta di un interessante revirement legislativo, poiché il riferimento all'incaricato di pubblico servizio era già emerso nella legge 86/90, prima che la legge Severino ne escludesse nuovamente il coinvolgimento.

La reintroduzione, secondo la relazione illustrativa dell'originario disegno di legge, si giustifica in quanto sarebbe incongruo punire unicamente il pubblico ufficiale quando anche un concessionario di un pubblico servizio può porre in essere lo stesso comportamento "con effetti parimenti devastanti sull'etica dei rapporti"

Lucia Izzo


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