Le dimissioni per giusta causa, ovvero non dipendenti dalla libera scelta del dipendente, legittimano lo stesso a percepire l'indennità di disoccupazione

di Marina Crisafi - Chi ha perso il lavoro per cause non dipendenti dalla sua volontà ha diritto, di regola, all'indennità di disoccupazione. Tale diritto, tradizionalmente, non sorge invece per chi rinuncia volontariamente al rapporto di lavoro. 

Ma cosa succede se le dimissioni volontarie in realtà non lo sono? Nel caso in cui la dimissione del lavoratore dipenda da "giusta causa" e non da una "libera scelta", lo stesso ha diritto alla percezione dell'indennità di disoccupazione.

A ribadirlo di recente è la Cassazione, con sentenza n. 11051/2015, rigettando il ricorso dell'Inps avverso la sentenza della Corte d'Appello che aveva dato ragione a un'ex lavoratrice costretta a dare le dimissioni a causa delle condizioni di salute (intervento chirurgico al naso) che le impedivano di lavorare in ambiente con alta concentrazione di polveri e impiego di sostanze coloranti.

Riportandosi alla pronuncia della Corte Costituzionale sul tema (n. 269/2002), la Cassazione ha osservato che ancorchè la disposizione di cui all'art. 34, comma 5, l. n. 448/1988 non contempli espressamente l'ipotesi di dimissioni per giusta causa

, una lettura della stessa conforme al dettato costituzionale induce a ritenere che non possa essere esclusa "la corresponsione dell'indennità ordinaria di disoccupazione nelle ipotesi in cui le dimissioni del lavoratore non siano riconducibili alla sua libera scelta, perché indotte da comportamenti altrui idonei a integrare la condizione della improseguibilità del rapporto - come detta l'art. 2119 c.c. - con conseguente stato di disoccupazione involontaria ai sensi dell'art. 38 Cost.".  

Nell'ordinamento, inoltre, ha argomentato la Corte, l'ipotesi della giusta causa di recesso è presa in considerazione dall'art. 2119 c.c., che richiede che si verifichi "una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto".

In presenza di una causa di tal fatta, che va valutata dal giudice, "l'atto di dimissioni, ancorché proveniente dal lavoratore, è comunque da ascrivere al comportamento di un altro soggetto, ed il conseguente stato di disoccupazione non può che ritenersi involontario, ai sensi dell'art. 38 della Costituzione".

Sulla base di tali premesse, la S.C. ha quindi ritenuto che "ai fini della configurazione della non volontarietà delle dimissioni, la causa che non consenta la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro deve consistere in circostanze che si presentino con caratteristiche di obiettiva gravità, e non siano solo valutate soggettivamente tali dal lavoratore, dovendo rendere incompatibile la prosecuzione del rapporto di lavoro". E tale incompatibilità può ben consistere nelle "sopravvenute condizioni di salute del dipendente, pur a prescindere dall'individuazione di un inadempimento contrattuale o comunque di una condotta colposa del datore di lavoro o di un terzo". Per cui ove le dimissioni siano oggettivamente determinate dalla necessità del dipendente di tutelare la propria salute "a fronte di una condizione lavorativa con la stessa incompatibile", come nel caso di specie, la scelta risolutoria del lavoratore non può ritenersi certo "libera" ma necessitata appunto dalla tutela di un diritto, quale quello alla salute, di rango costituzionale.

Così affermando la S.C. ha quindi rigettato il ricorso dell'Inps condannata ad erogare l'indennità di disoccupazione all'ex dipendente.

Aldilà del caso di specie, tra le cause che possono dar luogo alle dimissioni per giusta causa possono anche  rilevare: il mancato pagamento della retribuzione; le variazioni delle condizioni di lavoro; lo spostamento del lavoratore da una sede ad un'altra senza comprovate ragioni (Cass. n. 1074/1999; Cass. n. 5977/1985).

In ogni caso, la nuova disciplina sugli ammortizzatori sociali che ha fatto il suo ingresso ufficiale il mese scorso contempla, a differenza della precedente, tra le cause che danno diritto all'indennità di disoccupazione, anche le dimissioni per giusta causa e la risoluzione consensuale del rapporto nell'ambito della procedura di conciliazione instaurata con il datore di lavoro (vai alla guida ai nuovi ammortizzatori sociali). 


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: