Tra gli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione del creditore particolare rilievo assume l'azione revocatoria ordinaria, disciplinata dagli artt. 2901 e segg. del codice civile

Avv. Paolo Accoti 

avv.paolo.accoti@gmail.com 

Tra gli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione del creditore particolare rilievo assume l'azione revocatoria ordinaria, disciplinata dagli artt. 2901 e segg. del codice civile.

La sua finalità è quella di "garantire" il creditore dagli atti di disposizione del patrimonio (vendita, donazione, fondo patrimoniale, ecc.) posti in essere dal debitore.

La suddetta azione non ha propositi recuperatori, vale a dire di soddisfazione del credito, bensì di garanzia dello stesso, tant'è vero che la domanda mira alla dichiarazione di inefficacia degli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle ragioni del creditore.

L'azione revocatoria ordinaria, infatti, ha finalità di carattere cautelare e conservative, avendo la funzione di ricostruire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore (Da ultimo: Trib. Modena, 17/01/2013), essa, quindi, ha come effetto diretto l'inefficacia, nei confronti del creditore procedente, dell'atto di disposizione che abbia reso più incerto o difficoltoso il soddisfacimento del credito, non travolgendo, per il resto, l'atto in sé (Da ultimo: Trib. Cassino, 26/03/2010).

Solo all'esito della domanda di revocatoria, pertanto, ottenuta la declaratoria di inefficacia dell'atto di disposizione, il creditore potrà compiutamente sottoporre ad esecuzione coattiva il bene (o i beni) oggetto dell'atto di disposizione.

La domanda di revocatoria ordinaria presuppone due condizioni: 1) il pregiudizio per le ragioni creditorie insito nelle conseguenze dell'atto di disposizione compiuto che influisce negativamente sul patrimonio del debitore (cd. eventus damni); 2) la consapevolezza e la conoscenza del debitore circa il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore (scientia damni), anche senza la specifica intenzione di nuocere allo stesso (animus nocendi).

Con riferimento alla prima condizione è bene ricordare che, per la concreta esperibilità dell'azione in commento non è necessaria la totale compromissione del patrimonio del debitore, essendo sufficiente il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito. In ogni caso, incombe sul convenuto in revocatoria l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, adducendo l'esistenza di ampie residualità patrimoniali ed adducendo, quindi, la mancanza dell'eventus damni. (Cass. civ., 03/02/2015, n. 1902).

In virtù della ratio ispiratrice della norma, è stata altresì ritenuta pregiudizievole anche una modificazione meramente qualitativa del patrimonio il cui valore complessivo resti invariato, se idonea a rendere più difficile la soddisfazione dei creditori (Cass. civ., 26/02/2002, n. 2792; Cass., sez. Unite, 20/10/1975, n. 3406).

Per quanto concerne la seconda condizione, vale a dire la consapevolezza circa il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, occorre fare riferimento al tempo di formazione dell'atto di disposizione, se anteriore ovvero successivo al sorgere del debito.

Nell'ipotesi di alienazione successiva alla nascita del debito, deve ritenersi sufficiente, in punto di elemento soggettivo, la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano viceversa rilevanza l'intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) ovvero la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo. Qualora, invece, l'atto risulti essere anteriore al credito, è sufficiente il dolo generico ad integrare l'animus nocendi, vale a dire la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e, pertanto, non si richiede il dolo specifico.

Per costante giurisprudenza, la consapevolezza, quale elemento soggettivo, è integrata dalla semplice conoscenza, cui va equiparata l'agevole conoscibilità nel debitore e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, nel terzo, di siffatto pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione in parola. Risultano al riguardo irrilevanti sia l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore che la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo in ordine all'intenzione fraudolenta del debitore. È, infine, sufficiente, ad integrare il pregiudizio alle ragioni del creditore, che l'atto di disposizione del debitore renda anche solo più difficile la soddisfazione coattiva del credito.

In altri termini, l'epoca di stipulazione dell'atto di disposizione riverbera i propri effetti sul tipo di prova da fornire: se l'atto è successivo al sorgere del credito il pregiudizio si presume la prova, pertanto, è integrata da semplici presunzioni; se l'atto è antecedente, il creditore ha l'onere di dimostrare l'intenzione del debitore di arrecare detrimento alle ragioni dello stesso, la consapevolezza del debitore che in futuro sarebbe sorta l'obbligazione debitoria e che, pertanto, l'atto di disposizione è stato confezionato allo scopo di eludere o, comunque, di rendere più difficile la soddisfazione del credito.

A tal proposito: "In tema di revocatoria ordinaria, ai fini della configurabilità della "scientia damni" per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è necessaria l'intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso, del pregiudizio che, mediante l'atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni" (Cass. civ., 12/11/2013, n. 25413).

Ed ancora: "L'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria presuppone, ex art. 2901 c.c., la esistenza di ragioni di credito del soggetto che agisce in revocatoria; il compimento di un atto di disposizione patrimoniale da parte del debitore; il pregiudizio arrecato da tale atto alle ragioni creditorie annullando o riducendo la garanzia patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore e la consapevolezza da parte del debitore che l'atto dispositivo arrechi pregiudizio alle ragioni dei creditorie, nonché, nell'ipotesi di atto anteriore all'insorgenza del credito, che l'atto sia dolosamente preordinato a sottrarre le garanzie patrimoniali con pregiudizio dei diritti creditori. Nel caso di atto a titolo oneroso è richiesta, altresì, la consapevolezza del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni creditorie da parte del terzo acquirente" (Trib. Vicenza, 18/06/2014).

Da ricordare, infine, che nell'azione revocatoria la posizione del terzo acquirente è sostanzialmente analoga a quella del debitore, essendo sufficiente, infatti, la consapevolezza dello stesso della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del debitore, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l'azione, invece richiesta qualora quest'ultima abbia ad oggetto un atto, a titolo oneroso, anteriore al sorgere di detto credito.

L'istituto in commento è vieppiù esperibile anche in caso di mancanza di un titolo esecutivo e anche quando tale credito non sia ancora definitivamente accertato in sede giudiziaria non costituendo, dunque, ostacolo alla proponibilità dell'azione revocatoria ordinaria.

Detta azione, peraltro, ha la funzione specifica di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore a norma dell'art. 2740 c.c., e poiché detta azione presuppone solo l'esistenza del debito e non anche la sua esigibilità, potendo la stessa essere esperita anche per crediti condizionati o non scaduti o anche solo eventuali, tanto vale anche per la ricostituzione della garanzia patrimoniale generica che il fideiussore offre al creditore, per l'adempimento dell'obbligazione del debitore principale (Cass. civ., 22/03/2013, n. 7250).

Come accennato in precedenza, l'azione revocatoria ha come effetto diretto l'inefficacia, nei confronti del creditore procedente, dell'atto di disposizione, non travolgendo, per il resto, l'atto in sé. L'articolo 2902 c.c., a tal proposito, dispone che: "Il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato. Il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può concorrere sul ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto dichiarato inefficace, se non dopo che il creditore è stato soddisfatto".

Ciò presuppone che solo dopo l'ottenimento della declaratoria giudiziale di inefficacia dell'atto di disposizione, il creditore potrà esperire tutte quelle azioni, esecutive o conservative, sul bene oggetto dell'atto di disposizione impugnato.

Si rammenta, infine, che ai sensi dell'art. 2903 c.c., l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto.

Sul punto, se la giurisprudenza di merito ha inteso fornire un'interpretazione meramente letterale della norma, giungendo ad affermare come: "In materia di revocatoria ordinaria, il termine di prescrizione dell'azione di cui all'art. 2903 c.c. decorre dalla data dell'atto restando irrilevante la data dell'eventuale trascrizione del documento" (Da ultimo: Trib. Pisa, 04/06/2014), quella di legittimità ha ritenuto, in maniera più ragionevole, che la norma dell'art. 2903 c.c. va coordinata con quella prevista dall'art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Ne consegue che la prescrizione inizia a decorrere non già dalla data di stipulazione ma da quella di trascrizione dell'atto, necessaria affinché il trasferimento sia reso pubblico, conoscibile ai terzi ed a loro opponibile (Da ultimo: Cass. civ., Ordinanza, 27/05/2014, n. 11815).

Interessante notare come l'azione revocatoria ha altresì l'effetto di interrompere la prescrizione del diritto sotteso: "La proposizione dell'azione revocatoria, al fine di garantire la soddisfazione di un diritto di credito risarcitorio produce, ai sensi degli art. 2943 e 2945 cod. civ., l'effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione di tale diritto, pur se quest'ultimo sia azionato solo successivamente in autonomo giudizio, trattandosi di un comportamento univocamente finalizzato a manifestare la volontà di esercitare specificamente il diritto medesimo, benchè mediante l'attivazione preventiva di un altro giudizio, peraltro ad esso teleologicamente connesso in via esclusiva". (Cass. civ., 18/01/2011, n. 1084).

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Avv. Paolo Accoti

TREBISACCE (CS)

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