REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:


- Giovanni Maria FLICK Presidente


- Francesco AMIRANTE Giudice


- Ugo DE SIERVO "


- Paolo MADDALENA "


- Alfio FINOCCHIARO "


- Alfonso QUARANTA "


- Franco GALLO "


- Luigi MAZZELLA "


- Gaetano SILVESTRI "


- Sabino CASSESE "


- Maria Rita SAULLE "


- Giuseppe TESAURO "


- Paolo Maria NAPOLITANO "


- Giuseppe FRIGO "


- Alessandro CRISCUOLO "


ha pronunciato la seguente


ORDINANZA

(Numero 2/2009)


nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso proposto dalla Federazione Nazionale Pensionati (FNP) CISL ed altri contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze ed altri, con ordinanza del 23 gennaio 2008 iscritta al n. 216 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2008.


Visti gli atti di costituzione della Federazione Nazionale Pensionati (FNP) CISL ed altri e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;


udito nell'udienza pubblica del 2 dicembre 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante;


uditi gli avvocati Filippo Lubrano per la Federazione Nazionale Pensionati (FNP) CISL ed altri, Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nel corso di un giudizio promosso dalla Federazione Nazionale Pensionati (FNP) CISL e da quattro pensionati avverso i Ministeri dell'Economia e delle Finanze, del Lavoro e delle Politiche sociali, nonché nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dell'Istituto Postelegrafonici (IPOST), per l'annullamento del decreto 18 novembre 2005, emanato di concerto dal Ministro dell'Economia e delle Finanze e dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, con il quale sono state stabilite le percentuali di perequazione per le pensioni in via definitiva per l'anno 2004 e in via provvisoria e salvo conguaglio per il 2005, ha sollevato, con ordinanza del 24 ottobre 2007, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nella parte in cui prevede un meccanismo di perequazione delle pensioni basato sull'applicazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo delle famiglie di operai ed impiegati, anziché su quello specifico delle famiglie dei pensionati;


che, secondo il remittente, l'impugnativa dell'anzidetto decreto ministeriale «si fonda sulla prospettata illegittimità costituzionale» della suddetta disposizione, con la conseguente rilevanza della questione, «in quanto il provvedimento impugnato costituisce attuazione della norma denunciata»;


che il TAR precisa di aver ritenuto necessario accertare in via istruttoria se l'ISTAT elaborasse degli indici di rilevazione dei prezzi per i pensionati e quali ne fossero i caratteri differenziali rispetto a quelli calcolati per i lavoratori e di aver acquisito dai resistenti Ministeri una relazione al riguardo;


che l'indice dei prezzi al consumo relativo alle famiglie di operai ed impiegati è costruito come media ponderata degli indici elementari dei prezzi di una molteplicità di beni e servizi, a ciascuno dei quali viene attribuito un peso proporzionale alla quota di spesa, denominata «paniere», in cui sono compresi alcuni beni e servizi non annoverabili, a parere del remittente, nell'ambito delle abitudini di consumo tipiche delle famiglie di pensionati, ai quali andrebbe quindi attribuita una diversa incidenza percentuale;


che l'applicazione del suddetto indice, elaborato in funzione delle concrete abitudini di consumo dei lavoratori dipendenti, determinerebbe sulla perequazione delle pensioni un effetto «riduttivo e perverso» e, per converso, l'omesso utilizzo di uno specifico indice di variazione dei prezzi per le famiglie dei pensionati, in luogo di quello attualmente adottato, eccederebbe il potere del legislatore di bilanciare l'interesse dei beneficiari con le esigenze finanziarie dello Stato, dando luogo a una irragionevole identità di disciplina per situazioni obiettivamente diverse;


che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo preliminarmente il difetto di motivazione in ordine alla giurisdizione, concernendo il giudizio a quo posizioni di diritto soggettivo estranee al rapporto di pubblico impiego, come tali devolute al giudice ordinario e chiedendo comunque la declaratoria di inammissibilità, ovvero di non fondatezza della questione;


che, sotto il primo profilo, l'ordinanza non sembra aver osservato il principio dell'autosufficienza, non essendo dato conoscere quale sia lo status pensionistico dei pensionati ricorrenti ed essendo altresì motivata per relationem attraverso il rinvio ad un atto di causa;


che, nel merito, l'Avvocatura osserva come l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie dei pensionati abbia carattere sperimentale e come, al contrario, l'indice ISTAT posto a base dell'adeguamento annuale delle pensioni sia ragionevole, concretamente correlato all'andamento generale dei consumi e da decenni condiviso dalle organizzazioni sindacali di categoria;


che nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti l'INPS e i ricorrenti nel giudizio a quo;


che l'Istituto ha concluso per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza, rilevando anzitutto il difetto della motivazione circa la maggior convenienza per i pensionati di uno specifico e diverso indice di adeguamento delle pensioni al costo della vita ed osservando come il giudizio a quo non possa ritenersi instaurato con un petitum separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale, la cui proposizione parrebbe invece costituire l'unico scopo perseguito dai ricorrenti;


che, nel merito, la questione sarebbe infondata, dovendo essere valutata la norma impugnata nel più ampio contesto sistematico di perequazione delle pensioni, nel quale non va esclusa la possibilità di adeguamento, secondo le disponibilità di bilancio, delle pensioni meritevoli di particolare tutela o, in alternativa, di un contributo di solidarietà per quelle di importo elevato, destinato a coprire determinate esigenze finanziarie;


che, infine, l'indice del quale è auspicata l'introduzione non sarebbe individuabile in quello predisposto in via sperimentale per distinti gruppi – le cosiddette «sottopopolazioni»: famiglie in affitto o subaffitto, famiglie di pensionati, famiglie con basso livello di spesa per consumi, famiglie di pensionati con basso livello di spesa per consumi – da non confondere o confrontare con le misure dell'inflazione diffuse mensilmente;


che i ricorrenti nel giudizio a quo, aderendo alle motivazioni dell'ordinanza di rimessione, anche in una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza, rilevano l'evidente differenza tra le esigenze di vita dei pensionati rispetto a quelle delle famiglie degli operai e impiegati in attività, onde l'applicazione alle distinte categorie dello stesso criterio di determinazione dell'indice medio di svalutazione comporta l'applicazione ai pensionati di criteri non rispondenti alla loro posizione sostanziale.


Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421);


che, sebbene la formulazione letterale dell'oggetto della questione concerna la intera disposizione suddetta, nella sostanza essa riguarda la seconda parte della medesima, in quanto stabilisce la determinazione degli aumenti a titolo di perequazione delle pensioni previdenziali ed assistenziali attraverso un decreto interministeriale, ai sensi dell'art. 24, commi 4 e 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 1986), tenendo conto delle variazioni dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, secondo i relativi indici ISTAT annuali;


che, espone il remittente, la questione è stata sollevata nel corso di un giudizio promosso dalla Federazione Nazionale Pensionati (FNP) CISL e da quattro pensionati contro il Ministero dell'economia e delle finanze e contro il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dell'Istituto Postelegrafonici (IPOST), per l'annullamento del decreto interministeriale 18 novembre 2005, nella parte in cui sono state fissate le percentuali di perequazione per le pensioni in via definitiva per il 2004 e in via provvisoria, salvo conguaglio, per il 2005;


che la domanda di annullamento del suddetto decreto viene motivata dai ricorrenti adducendo soltanto l'illegittimità costituzionale della disposizione di legge assoggettata a scrutinio, sospettata di illegittimità per intrinseca irragionevolezza, in quanto l'indice dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati viene determinato sulla base dei prezzi di un insieme di beni – il cosiddetto paniere – non indicativo, secondo nozioni di comune esperienza, delle esigenze di consumo delle famiglie di pensionati;


che la questione è manifestamente inammissibile per un serie di concorrenti ragioni, in parte esposte, a volte sotto angolazioni diverse, dall'Avvocatura dello Stato e dalle difese dell'ente previdenziale;


che va, anzitutto, riscontrata la mancanza di una sia pure sintetica motivazione sulla sussistenza della giurisdizione in capo al remittente;


che tale carenza è rilevante ove si consideri come il giudizio principale sia destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo, in quanto l'atto impugnato non comporta esercizio di un potere per la realizzazione di un interesse pubblico e, tantomeno, di scelte discrezionali, né riguarda un ambito materiale devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (sentenze n. 204 del 2004, n. 191 del 2006 e n. 140 del 2007);


che ciò si riflette sul presente giudizio di legittimità costituzionale, il quale, nelle circostanze e nei termini in cui la questione è proposta, risulta privo del carattere di incidentalità, per il quale il petitum del giudizio principale non deve identificarsi con l'oggetto della questione in esso sollevata (sentenza n. 84 del 2006);


che, infine, la questione è stata sollevata sull'assunto, contestato dall'Avvocatura dello Stato e non specificamente motivato, dell'esistenza di un solo indice ufficiale espressamente elaborato dall'ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie dei pensionati, periodicamente determinato ai fini della perequazione delle pensioni.





per questi motivi


LA CORTE COSTITUZIONALE


dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2009.


F.to:


Giovanni Maria FLICK, Presidente


Francesco AMIRANTE, Redattore


Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere


Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2009.


Il Direttore della Cancelleria


F.to: DI PAOLA